Avvicinamento
Da Barcis si risale lungo la val Cellina fino a Cimolais dove si prosegue in direzione del passo di Sant'Osvaldo. Oltre questo, la strada scende verso Erto e la diga del Vajont passando sopra il profondo solco della val Zemola. Poco dopo il bivio per Casso deviare a sinistra lungo la rotabile costruita sulla grande frana del monte Toc (indicazioni per
Pineda). Alla prima curva, in corrispondenza di un bivio con una carrareccia, si può parcheggiare (m 820, cartello).
Descrizione
Lasciata l’auto si inizia a scendere lungo la strada sterrata interdetta al traffico che conduce alla diga. Ad un primo bivio prendere il ramo di sinistra che in breve si esaurisce trasformandosi in sentiero (segnavia CAI n.907). Dopo avere oltrepassato un aperto pendio, il sentiero entra nel bosco innestandosi su una comoda mulattiera che prende a traversare verso destra. Sempre all’interno della pineta, punteggiata dalla fioritura della
campanula a foglie di pesco, si guadagna un costone affacciato su Longarone e la valle del Piave. Il sentiero si impenna bruscamente iniziando a rimontare le boscose pendici del monte Ranz e prosegue poi con pendenza attenuata seguendo un solco naturale. Più in alto, ridivenuto buona mulattiera, sale con una lunga diagonale attraversando un versante boscato a
faggio e
abete rosso. Ci troviamo ora proprio sopra la parte occidentale dell’immane frana che rovinò nel
lago del Vajont rendendo tristemente famoso il monte.
Ad un bivio tralasciare la traccia che si stacca sulla sinistra e proseguire in salita seguendo le indicazioni (cartello). Ancora alcuni brevi strappi, intervallati da tratti a pendenza più moderata, e si esce dal bosco a quota 1400 circa. Il sentiero traversa ora alla base della parete aggettante della Croda Vasei nelle cui fessure a luglio è possibile vedere fiorito il magnifico
raponzolo di roccia. Dopo un lungo tratto avaro di panorami la vista può finalmente spaziare sulla
valle del Vajont, sul gruppo del
monte Borgà e sul
monte Porgeit mentre alle nostre spalle possiamo riconoscere i caratteristici profili del Bosconero. Dopo questa breve parentesi la salita riprende decisa all’interno di un bosco più rado dove prevalgono
larice,
abete rosso,
sorbo montano e
sorbo degli uccellatori. Piegando verso destra il sentiero raggiunge in breve l’insellatura a monte della Croda Vasei dove il terreno si appiana nuovamente. Oltrepassati alcuni ruderi si perviene al
ricovero casera Vasei (m 1610), situato in posizione panoramica sulla valle del Piave. Il termine ricovero è assai generoso in quanto si tratta di una modesta baita in legno, priva di suppellettili ed in grado di offrire solo riparo in caso di maltempo.
Qui alla casera il segnavia CAI n.907 si esaurisce e quindi, per raggiungere la vetta, dovremo servirci di un sentiero meno marcato. Dalla piccola capanna si torna indietro per pochi metri fin dove alcuni ometti ci guidano a trovare una traccia tra le erbe. Si devia quindi lungo una valletta erbosa al termine della quale si ritrova un camminamento più evidente. Si sale comodamente nel bosco fino a raggiungere una specie di ripiano ricoperto da una fitta vegetazione che vede riuniti piccoli
larici,
mughi,
ontani e
rododendri irsuti. Giunti alla base di una valletta pietrosa che separa il
monte Toc dalla Cima Mora la si risale sulla destra fin quasi alla sua sommità su terreno un poco più impervio ma privo di difficoltà. Evidenti indicazioni su un grosso masso segnalano la possibilità di deviare a sinistra verso la Cima Mora. Il nostro itinerario piega invece a destra, ora più ripidamente, tra splendide fioriture di di
rododendro irsuto,
genziana alata,
tofieldia,
ormino e
crepide. Superato un gradino si guadagna il crinale in corrispondenza di un intaglio affacciato su un profondo dirupo. Da qui la vista si apre sulla cresta che unisce la Cima Mora al Col Nudo con la Croda Bianca in primo piano. Il sentiero piega a destra innalzandosi comodamente lungo i prati della dorsale. Superata una fascia di
mughi (bolli rossi) si raggiunge l'
antecima del monte Toc. Per la cima vera e propria occorre scendere ancora ad una forcellina e risalire su terreno più detritico fino alla successiva quota che rappresenta il punto terminale della cresta (m 1921, semplice croce in legno). Dalla piccola vetta del
monte Toc si apre un
panorama assai esteso che comprende gran parte delle Dolomiti Bellunesi oltre naturalmente alla valle del Piave ed alle Prealpi Carniche.
Per il ritorno si utilizzerà il medesimo itinerario con la possibilità di compiere anche la breve deviazione in vetta alla Cima Mora con difficoltà del tutto simili a quelle già affrontate.
Il disastro del Vajont
Percorrendo la strada che collega Erto a Longarone non si può fare a meno di osservare le pendici settentrionali del monte Toc dove è ancora ben visibile il segno a forma di M. E’ l’impronta dell’immane movimento franoso che provocò la catastrofe del Vajont, costata la vita a quasi duemila persone. Era il 9 ottobre del 1963 quando il monte Toc franò nel lago artificiale originato dalla diga del Vajont: da quel giorno è passato quasi mezzo secolo ed ancora il bosco fatica a riconquistare lo spoglio lastrone inclinato lungo il quale scivolò la montagna. Durante l’escursione, sull’altro lato della valle, si possono scorgere le case di Casso, adagiate sopra un ripiano sospeso ai piedi del
monte Salta. Grazie a questa posizione rialzata la piccola frazione riuscì per poco a scampare al disastro assieme alle case di Erto. Meno fortuna ebbero invece i nuclei abitativi che sorgevano a ridosso del lago artificiale e che furono letteralmente spazzati via.
Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume
I Sentieri dei Fiori