Avvicinamento
Da Prato Carnico risalire lungamente la stretta rotabile della
val Pesarina fino al bar Centro Fondo, poco dopo l'albergo Pradibosco, dove è possibile parcheggiare l’autovettura (m 1236).
Descrizione
Dal piazzale si imbocca il sentiero CAI n.201 che inizia molto marcato all'interno di un bel bosco di
faggio e
abete rosso (indicazioni). Lasciato dopo pochi minuti un primo bivio a sinistra per
casera Mimoias, si prosegue piuttosto ripidamente con piccoli tornanti a raggiungere un successivo bivio che porta anch’esso a
casera Mimoias. Subito dopo il sentiero passa accanto ad una sorgente d’acqua. Di qui in poi la pendenza si attenua. Si percorre un tratto quasi rettilineo, passando nei pressi di un piccolo pascolo ed una vecchia casera, di cui si vedono i ruderi. Il sentiero attraversa successivamente il canalone dirupato del rio Pradibosco. Il traverso si presenta eroso da frane ma ottimamente attrezzato da funi metalliche come passamano e rinforzi di legno a supporto della base del sentiero stesso. In seguito si entra nuovamente nel bosco riprendendo a salire ed in pochi tornanti arriva allo spallone su cui sorge il
rifugio De Gasperi che si raggiunge con una brevissima discesa (m 1767, ottima visuale sulla
val Pesarina e sul
gruppo dei Clap).
Dal rifugio (m 1767) si imbocca il sentiero CAI n.232 (segnalazioni) diretto alla
Forca dell'Alpino. Dopo avere oltrepassato la piccola cappelletta all’interno di un rado bosco di
larice e
abete rosso si rimonta un pendio erboso ricoperto da bassa vegetazione. Tra i
mughi si raggiunge la base dell’ampio canale detritico che scende dal Creton di Clap Grande dalla quale si inizia a risalire regolarmente per detriti consolidati e rade zolle erbose sulle quali fioriscono il
rododendro irsuto e la
genziana alata. Raggiunto però l’orlo di un esteso canale detritico che occorre attraversare, il percorso si fa più faticoso. Sull’altro lato dell’impluvio la traccia rasenta la base delle pareti dopodiché risale ripidamente per ghiaie e sassi, sempre ben guidata da segnavia ed ometti, fino a traversare più in alto verso sinistra, raccordandosi con l’originario percorso. Su terreno ora più stabile si risale lo sperone che divide i due principali canaloni raggiungendo ben presto la base delle pareti. Qui si lascia a sinistra la traccia che sale alla forcella di Clap Grande e si prosegue verso destra guadagnando tramite una cengetta friabile la base dell’incassato canale detritico che scende dalla
Forca dell’Alpino. Quasi subito il passaggio è ostruito da alcuni massi che vanno superati senza l’ausilio di attrezzature. Oltrepassato con attenzione questo primo ostacolo ci si ritrova a salire su terreno assai instabile (utile l’uso del caschetto nel caso vi siano altre persone più in alto). Raggiunto un punto in cui il canale si restringe notevolmente, una corda fissa aiuta a superare un breve tratto dove la pendenza e le ghiaie non sono in grado di fornire un appoggio stabile. Seguono alcuni gradoni rocciosi dove ulteriori massi hanno ostruito il canale. Li si supera agevolmente con l’ausilio del cavo metallico e di alcune staffe ottimamente collocate. Dopo l’ultimo salto il canale si allarga e su terreno più facile si raggiunge la
Forca dell’Alpino (m 2302), autentico intaglio dolomitico contornato da pinnacoli rocciosi. Sulla forcella si può osservare tra giugno e luglio una tipica abitatrice delle fessure calcaree: la
sassifraga setolosa.
Dalla forcella si cala nell'opposto versante con pendenza sempre decisa destreggiandosi su tracce di passaggio tra ghiaie grossolane e fine detrito. Un grosso masso che ostruisce il canale nel punto ove esso si restringe, va superato tenendosi sulla sinistra ed utilizzando le staffe metalliche con cui è stato attrezzato. Dopo questo ostacolo il canale si allarga decisamente e consente una discesa relativamente più agevole. Con alcune serpentine tra radi cespi di
papavero giallo ed
erba storna si raggiunge l'orlo del Cadin di Dentro, ormai ben in vista del bivacco Damiana Del Gobbo. Volendo evitare di scendere al bivacco, prima di toccare la base della conca si devia sulla destra traversando in quota su sentiero finalmente consolidato dove una ricca fioritura di
ormino montano,
camedrio alpino,
omogine alpestre,
silene acaule e
vulneraria punteggia il pendio erboso. Contornato il bordo del catino si raggiunge un ripido canale che va risalito interamente anche con l’ausilio di uno spezzone di cavo metallico. Giunti quasi allo sbocco, si continua sulla destra guadagnando in breve tra zolle erbose la appartata
forcella dei Cadini (m 2098), dalla quale si apre un nuovo
panorama sulla valle di Sappada.
Si scende aggirando un costone roccioso dopo il quale il sentiero prosegue ancora in discesa attraversando il Cadin di Fuori, vero giardino dolomitico tappezzato dal
rododendro irsuto e dal
camedrio alpino, dove fiorisce anche la rara
genziana di Baviera. Cercando di seguire i radi segnavia e mantenendosi in ultimo sulla destra per evitare di perdere inutilmente quota, si rasentano le pareti del Creton dell’Arco quindi, utilizzando alcuni tornantini un poco deteriorati, si risale brevemente fino al
passo dell’Arco (m 1907) dove una spettacolare formazione rocciosa ha creato un arco naturale di notevoli dimensioni che da il nome all’
intaglio. Sulle rocce del passo fioriscono a giugno il
raponzolo di Sieber e la
tofieldia.
Si cala ora nell’opposto versante lungo una comoda mulattiera tra macchie di
mughi e
larici sul bordo superiore di un ampio vallone (segnavia CAI n.317). Il sentiero attraversa successivamente un bosco misto di
faggio incontrando a quota 1569 una deviazione segnalata sulla destra che consente di abbreviare il raccordo con il
passo Siera. Seguendo le indicazioni si prosegue quindi su un’ampia mulattiera, traversando a mezza costa fino ad immettersi sul segnavia CAI n.316 che sale da Sappada. Dopo poco si incontra il bivio segnalato per il sentiero Corbellini. Da qui solo pochi metri ci separano dalla ampia insellatura verde di
passo Siera, abituale pascolo della soprastante e ben visibile
casera Siera.
Dal bivio si sale pochi metri ad un costone per poi scendere nella valletta successiva. Questa si interrompe bruscamente in corrispondenza di un salto protetto da uno steccato per gli animali. Qui si devia a destra incontrando dopo poco le prime attrezzature del sentiero Regolo Corbellini. Fittoni metallici e travi in legno consentono di attraversare con sicurezza una esposta cengia. Dopo il successivo tratto di bosco si asseconda una rientranza poi si aggira un vertiginoso sperone roccioso raggiungendo un versante particolarmente eroso. Qui il sentiero si destreggia lungo una serie di cenge attrezzate su alti dirupi. Nei punti in cui il terreno manca alcune travi di legno assicurate da infissi metallici consentono di proseguire senza particolari problemi. Senza distogliere la nostra attenzione dalla notevole esposizione, è possibile ammirare nelle fessure delle rocce le prime fioriture del vistoso
raponzolo di roccia. Dopo qualche modesto saliscendi su pendio friabile si raggiunge terreno più comodo in un rado bosco. Il sentiero prosegue attraversando alcuni pendii erbosi, fino ad arrivare al limitare di un vasto anfiteatro roccioso apparentemente insuperabile caratterizzato dalla presenza di bancate stratificate di colore rossiccio. Il sentiero perde quota per attraversare l’impluvio in corrispondenza di un piccolo corso d’acqua poi riprende a traversare lungo una cengia assai esposta ma ben attrezzata fino a fuoriuscire su un ripiano prativo ricoperto da alte erbe e qualche conifera. Si percorre ora piacevolmente a mezza costa il pendio erboso avvicinandosi all’ultima rientranza in corrispondenza del dirupato vallone del Rio Bianco. Su terreno malagevole si cala sul letto del torrente oltre il quale una paretina verticale di qualche metro, ottimamente attrezzata con staffe e cavo metallico, rappresenta l’ultimo punto impegnativo del percorso. Oltre questa un canalone franoso richiede una breve salita supplementare per evitare in alto l’ostacolo. Ora in vista del rifugio si cala ad assecondare un'ultima parete rocciosa attrezzata con passamano ed in breve si è al
rifugio De Gasperi. Da qui fino al parcheggio si utilizzerà il medesimo itinerario.
Avvertenze
Prima di intraprendere l’escursione è bene informarsi presso il gestore del
rifugio De Gasperi sulle condizioni del sentiero che sale alla
Forca dell’Alpino e sullo stato delle attrezzature del sentiero Corbellini, entrambi spesso soggetti a erosioni data la natura friabile del terreno che attraversano.
Dato il consistente dislivello e la natura impervia del terreno si consiglia di spezzare l'itinerario in due giorni pernottando al
rifugio De Gasperi.