09/10/2021 laura.molinari Il 3 ottobre 2021, percorrendo l anello della Val Zemola, giunti nei pressi di Casera Galvana abbiamo deciso di compiere una deviazione per salire anche sulla cima del Monte Porgeit. Arrivati facilmente in pochi minuti per tracce tra l erba a Forcella Val de F�rscia, abbiamo iniziato la faticosa risalita dritto per dritto delle erte pale erbose del versante est del monte. La pendenza, che inizialmente appare abbordabile, in seguito aumenta e nel tratto intermedio diventa veramente sostenuta e richiede molta attenzione, occasionalmente ci si aiuta tenendosi ai ciuffi d erba e sperando di non mettere le mani su qualche vipera celata dalla vegetazione.� Ogni tanto sembra di individuare una evanescente traccia, ma sostanzialmente si sale liberamente, dove il terreno appare meno ostico. Procediamo faticosamente (e con qualche preoccupazione per la discesa!) sino a sbucare sulla allungata cresta est, facile ed erbosa, ma anche abbastanza aerea ed esposta su entrambi i versanti. Seguendo il filo della dorsale e passando su un paio di cimotti intermedi, si arriva in breve alla quota est del monte, dove la cresta si allarga e consente di portarsi agevolmente sulla cima ovest con la croce, che domina la vallata del Vajont. Il panorama e molto ampio, ma le vette circostanti oggi sono tutte nascoste tra le nubi scure, resta una bella visuale sul fondovalle, su Erto e sul Lago del Vajont. In un contenitore e presente un piccolo quaderno di vetta, testimone di una scarsa frequentazione. Per il rientro, confidando di riportarci alla Forcella Val de F�rscja tramite la traccia nera puntinata della Tabacco, scendiamo per la cresta sudest (facile, tranne il tratto iniziale, che preferiamo bypassare tenendoci sui prati del versante ovest) sino alla forcelletta dove dovrebbe arrivare il sentiero che sale da Erto. La traccia sperata resta un miraggio e affrontiamo la discesa su terreno infido, tenendoci al margine di un ripido canalone erboso, che alla fine ci risolviamo ad attraversare, passando alla base di alcune rocce ed entrando tra gli alberi. Ancora un tratto di traversata nel bosco e finalmente sbuchiamo sul prato inclinato che ci riporta alla Forcella. Da qui, scendiamo senza ulteriori problemi tramite sentiero CAI a Casera Galvana e quindi ci riportiamo sul fondovalle e a Casera Mela. Cima solitaria, molto panoramica e senz altro meritevole di una visita, ma la via, benche non particolarmente difficile, � faticosa ed avviene su terreno insidioso, specie in discesa e in caso di umidit�. Consigliabile solo a chi e avvezzo a questo tipo di percorsi e ha buona autonomia di orientamento, altrimenti e preferibile la salita da Erto come da guida di SN. Tempi da Casera Galvana: 45 minuti la salita dal versante est, 50 minuti la discesa dalla cresta sud-est. Mandi a tutti!
29/10/2020 luciano.regattin Monte Porgeit, ovvero genuino esempio di come dovrebbero essere, a mio modo di vedere, i sentieri che ci permettono di districarci nell'ambienti montano: nessuna indicazione, nessun bollo, nessuna freccia, nessun paletto, solamente una traccia sufficientemente battuta, con qualche raro ometto o qualche pietra incastrata nelle biforcazioni tra ramo e tronco. Tutto il sapere è rappresentato sulla carta topografica (cartacea o digitale) e non nuoce all'ambiente, lasciandolo così assolutamente integro. E' una modalità assai diversa dal solito andare, soprattutto in discesa, quando si deve prestare maggiore attenzione ai bivi, ed in particolare quando, sceso dalla cima il prato che porta al limitare del bosco, si deve individuare la traccia che riporta a Erto.La cima è isolata, merita senz'altro la salita, nonostante sia la meno alta tra tutte le cime della Val Zemola ed una tra le più basse di tutto il gruppo Preti-Duranno, per lo splendido panorama che offre a 360°, da rifare sicuramente in primavera per ammirare le fioriture.
31/10/2015 askatasuna Carico un Valerio sceso di corsa da casera Ditta con la prode Nanouk, a cui scodinzolano pure gli occhi. Erto è inondata di una luce che si sfoga su qualsivoglia sfumatura, esaltandone la tonalità. Il Borgà ha il naso imbiancato, più in basso è tutto un folle arlecchinaggio gioioso. Fino alla prateria sommitale, ove una folta criniera dorata diventa la protagonista. La spettiniamo senza pietà alcuna decidendo di salire puntando diritti alla meta. A pochi passi dalla cima mi fermo a sospirare ai fianchi della Palazza. Quasi uniformi, han il colore intenso dell'addio. I faiârs sono prossimi a dar inizio alle danze, affidando le proprie figlie alle lusinghe del vento. Poi l'occhio mi cade più in basso. Brucano e non si curano di me. Brucano. Senza vedermi. Ed io ne ammiro il manto scuro, lucente, appena indossato. Poi madre e figlio se ne vanno, suggerendo la fuga ad un terzo camoscio. Il panorama dalla vetta è straordinariamente profondo. Le conche della dorsale del Resettum paion giacigli di nuvole. L'Antelao riluccica rubando la scena al maestoso Duranno. Mentre son perso a rigirarmi, l'erba inizia a sussurrare. Facciamo così il nostro incontro con Milena. Una marchigiana innamorata di queste terre. Tanto da venire almeno una volta l'anno. Selvaggia come il territorio a cui s'è legata. Dorme in macchina e calca le tracce consigliate da chi, questi monti, li conosce bene. Solitaria e sorridente ci fa cadere in una trance surreale quando termina il racconto di Valerio su delle pecore che s'eran perse da poco con "le han trovate nei boschi sopra Prada". Ci invita a fare un anello scendendo per casera Galvana. Io rimango subito indietro. Da questo lato del Porgeit il bosco oramai è quasi spoglio. Sommersi dalle foglie, i passi le animano, gli donan voce. Diventan sciabordii di onde. O scuen scoltalis dutis! E poi cambiare il ritmo dell'abbraccio della marea sulla battigia e osservarle ancora mentre si quietano dopo un ultimo, effimero volo.(20.10.2015)
12/05/2014 marco.raibl Oggi,alle 9,con 6°C,ho iniziato la salita.Nei primi 20 minuti una sequenza di sensazioni.Nell'ordine:targhe commemorative di disgrazie occorse nella forra sottostante S.Remedio (vittime esclusivamente femminili);rumore di pietre smosse,seguite da incontro ravvicinato con giovane camoscio;intenso aroma di timo (individuato e raccolto al ritorno).Con le caviglie bagnate dal residuo delle piogge/grandinate del giorno prima,incoraggiato dalla bella mattina soleggiata,ho proseguito ottimista.Niente di notevole da segnalare.Una volta uscito dal bosco,mi sono spinto troppo a sinistra e ho dovuto recuperare con lungo traverso in senso contrario.Meglio puntare subito in alto.Ripido,faticoso,ma oggi la temperatura e la fresca brezza mi hanno aiutato a risparmiare liquidi.In cima pochi residui nevosi tra i due cimotti.Libro di vetta con multipla protezione anti-umidità.Oltre alla mia,solo la firma di chi lo ha portato lassù,nel dicembre scorso.Al ritorno,ho abbreviato il percorso usufruendo della buona traccia che collega le quote (circa) 1190-1010,visibile sulla Tabacco.Ciao a tutti
31/12/2012 luciano.piccin Percorso effettuato il 30/12/12. La neve inizia all'uscita del boschetto,chiazze all'inizio, poi, salendo, sempre più continua. Comunque zigzagando e seguendo le orme di chi ci ha preceduto si raggiunge la depressione tra la cima (a sinistra) e la cresta rocciosa (di destra). L'ultimo tratto di crestina richiede attenzione per la presenza di qualche passo ghiacciato. Non effettuata la discesa in forc. Val de Forscia e cas.Galvana perchè abbiamo ritenuto il manto nevoso instabile e pertanto pericoloso.
17/06/2012 Michela Delizioso il resoconto di Fausto! Chi preferisce stare alla larga dalle zecche può salire nei periodi freddi, anche d'inverno se non c'è neve perché presenta un'ottima esposizione a S. Ogni periodo ha le sue suggestioni, a gennaio di quest'anno il giallo del vasto pendio d'erba secca si stagliava contro il blu del cielo, e la semplice crestina finale era resa quasi "audace" dal terreno ghiacciato... Ambiente comunque integro e affascinante, per amanti della solitudine
17/06/2012 loredana.bergagna Quindi, per chi ha già conosciuto da molto vicino la zecca, percorso da evitare. Consigliato l'uso di bio kill sugli indumenti, pare funzionare.
17/06/2012 Fausto_Sartori La zecca ama i meravigliosi giardini selvaggi e questa escursione offre in abbondanza l’una e gli altri. Ma il panico da zecca prevale sull’estasi dei sensi, e le prime due ore sono dedicate all’affannoso raggiungimento della quota di sicurezza, molto più in alto del previsto, e all’incessante scuotersi dei pantaloni invasi. Solo raggiunta l’ancona di Sant’Antonio ci si potrà considerare salvi (m. 1300?), qui è lo spartiacque dell’infestazione. Ogni qualche minuto esaminarsi pantaloni e camicia, sbattere via quel paio che nel frattempo sarà già in marcia verso i lidi loro propri. Finalmente all’aperto, sull’erta prativa che conduce alle sommità godersi il benefico ronzare delle vituperate innocenti mosche, mai tanto amate al sole di questo vertiginoso mare d’erba periclitante su Erto. La salita è dura e piena di interrogativi: sarà questa la direzione giusta? Il profilo di cresta che sembra vicino si allontana, la vetta, ma sarà quella?, si allunga e si inclina in un ultimo muro d’erba. Chi ama le sconfinate prospettive sarà appagato, io mi sento più a mio agio nel medio basso che nel vertice. E guardare in basso poi, senza balaustre, mi pare alquanto temibile anche solo in fotografia. Ottimi per sostare e anche appisolarsi sono gli accoglienti piccoli spiazzi d’erba schiacciata sagomati suppongo dagli erbivori d’alta quota. Sarete anche attaccati in massa dalle farfalline, assai più interessate ai sali cutanei che ai fiori tutt’intorno. Un falco (alligna qui il pellegrino?) grida e si lancia nel vuoto, ma per il resto è silenzio, qui nemmeno giungono i boati del rodeo motociclistico che come tutti i fine settimana si scatena nel fondovalle. Facile avere una crisi mistica, ma per prevenirla basta pensare alle zecche che vi aspettano in basso e tra cui si è già diffusa notizia d’umano passaggio. Al ritorno non sarà forse tanto facile ritrovare poi il sentiero nella boscaglia, in stagione con l’erba alta. Per un bel pezzo ho vagato nella boscaglia in stato di disperazione e pensando già alla vergogna d’un soccorso alpino, percorrendo tracce che svanivano, salendo e scendendo, avanti e indietro. Come da manuale delle giovani marmotte, a un certo punto ho perfino cominciato a spezzare rami per evitare di riprendere tracce già battute, quando finalmente ritrovato l’ometto l’avrei baciato in fronte, pochi metri dalle mie insensate giravolte. Rifornirsi bene d’acqua alla fontana difronte al parcheggio. Escursione solo per amatori incalliti.