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    La forra del Chiarsò da Paularo a Las Calas
    Alpi Carniche
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    La forra del Chiarsò da Paularo a Las Calas
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SentieriNatura
I percorsi di SentieriNaturaA20

La forra del Chiarsò da Paularo a Las Calas

Avvicinamento

Percorrendo la strada statale che da Tolmezzo sale al passo di Monte Croce Carnico, giunti all’altezza del ponte sul Chiarsò presso Cedarchis, si gira a destra in direzione di Paularo. Giunti al centro abitato lo si percorre fino al bivio presso il ponte dove si prende a sinistra attraversando di nuovo il Chiarsò. Imboccata via Marconi, in direzione di Villamezzo, la si segue fino ad una curva dove si piega a destra seguendo le indicazioni per la Stazione forestale. Circa 200 m dopo la Stazione possiamo parcheggiare utilizzando la piccola area di sosta lungo la strada (m 683).

Descrizione

L’inizio del sentiero CAI n.442 si trova sulla destra tra due abitazioni immediatamente prima del numero civico 8C. Una piccola scalinata in pietra accede ad un camminamento che passa tra le case e gli orti uscendo in breve su una ampia radura prativa leggermente inclinata. Qui si dovrebbe ritrovare un sentiero abbastanza marcato, anche se in parte nascosto dalle erbe, con il quale ci si allontana dalle abitazioni. Si passa accanto ad un fienile affacciandosi poi su una seconda radura che rimane in basso a destra dove si trovano un casolare ed alcuni orticelli. Sempre seguendo il sentiero andiamo ora a sinistra ad assecondare l’impluvio del rio Ruat passando sopra la briglia. Qui si può giungere direttamente con l’auto proseguendo lungo la strada dove abbiamo parcheggiato e deviando poi a destra (segnavia CAI n.456). Poco prima di una marcata curva, una strada sterrata scende sulla destra raggiungendo la briglia sul torrente.
Si segue la pista fin dove essa si esaurisce trasformandosi in sentiero, poi finalmente un evidente segnavia presso un crocefisso ci conferma che abbiamo imboccato la giusta direzione. Il sentiero interseca un altro rio secondario prima di entrare definitivamente nel vallone del Chiarsò, iniziando a percorrere un comodo camminamento sopraelevato e scavato nella roccia. Qualche varco tra la vegetazione, formata prevalentemente da faggio, abete rosso e abete bianco, ci permette di dare un primo sguardo al corso d’acqua che rumoreggia più in basso. Alcuni ponticelli metallici consentono di superare agevolmente brevi tratti rovinati lungo il percorso che per il resto appare largo ed ancora ben conservato. Una targa risalente al 1917 ricorda la 6 Compagnia del Genio che contribuì alla realizzazione del percorso. In breve ci si ritrova ad incrociare l’impluvio del rio del Men (m 810) dove il camminamento è stato praticamente cancellato. Qui una buona traccia consente di passare agevolmente in mezzo ai tronchi abbattuti superando la zona franata. Il sentiero riprende subito sull’altro lato dell’impluvio, ora completamente scavato nella roccia a ridosso di alte pareti, giungendo ad una specie di pulpito quasi a picco sulla forra sottostante. Il tratto successivo è particolarmente ampio e ben conservato tanto che si ha l’impressione di camminare su una strada. Sempre in leggera salita si incontra una seconda targa che ricorda la 328 Compagnia Zappatori e poco dopo l’ultimo ponticello oltre il quale si arriva ad un bivio segnalato da cartelli. A sinistra si sale verso Cuesta Robbia mentre a destra la mulattiera scende verso il ponte Fuset. Ed è proprio questa seconda direzione che prendiamo calando a comode svolte fino ad incontrare la passerella metallica di ponte Fuset (m 841). Questa ci permette di attraversare la forra del Chiarsò che in questo punto scorre in una gola particolarmente stretta e profonda.
Il sentiero prosegue sull’altro versante con qualche tornante poi, ad un cartello che indica Las Calas, si abbandona il segnavia CAI n.442 per scendere a sinistra verso il greto. Uno stretto sentierino taglia in diagonale un ripido pendio boscato portandosi nei pressi delle rive dove incontriamo per la prima volta da vicino le acque del Chiarsò. Il sentiero si destreggia ora lungo la sinistra orografica procedendo a pochi metri dalle sponde ed aggirando in alto i pochi punti non direttamente percorribili. Le due rive sono per il momento ancora ricoperte dal bosco ma in breve, dopo avere oltrepassato una zona caratterizzata dalla presenza di schianti e grossi massi, ha inizio il tratto più spettacolare della traversata. Con un tornantino infatti si sale ad imboccare un aereo camminamento scavato nella roccia che percorre il tratto più suggestivo della forra dove questa appare rinserrata tra altissime pareti e larga solo pochi metri. In leggera salita si percorre questa cengia artificiale assecondando le numerose pieghe della roccia con visuali sempre diverse sulle piccole cascate ed i mulinelli che il torrente forma più in basso. Il camminamento si presenta sufficientemente largo e privo di interruzioni ed è stato recentemente dotato di un cavo passamano pressocchè continuo a protezione dell’esposizione sulla forra. Si cammina a tratti sotto autentici tetti di pietra poiché spesso la roccia è stata scavata solo per lo spazio necessario a far passare una persona. In vista ormai dello sbocco si giunge ad un punto in cui la forra assume un andamento più lineare. Dopo un ultimo sperone, che ci offre una vista d’infilata sul tratto appena percorso, la gola si allarga sensibilmente e le due sponde riprendono a ricoprirsi di bosco. Il sentiero piega ora a destra e prende a salire con pendenza decisa tagliando un ripidissimo versante boscato. Man mano che ci si innalza la traccia si fa sempre più agevole fino ad innestarsi su una pista di esbosco. Con questa in breve ci si ricongiunge alla strada asfaltata che da Paularo sale a Cason di Lanza . Pochi metri alla nostra destra si trova l’osteria da Nelut (m 1102), ottimo punto di sosta prima di intraprendere la via del ritorno.
Tornando indietro per pochi passi lungo la strada incontriamo lo sbocco del sentiero CAI n.442 (cartello) che possiamo utilizzare per ridiscendere al ponte Fuset. La mulattiera cala ad ampie svolte con pendenza moderata all’interno di un bel bosco di faggio, abete rosso e abete bianco. Si rasenta in breve una banconata calcarea quasi aggettante oltre la quale la mulattiera, con muretti a secco perfettamente conservati, prosegue a scendere verso la forra. Un’ultima svolta presso un faggio secolare anticipa di poco l’incontro con il bivio che abbiamo lasciato in precedenza. Da qui fino a Villamezzo si utilizzerà poi lo stesso itinerario dell'andata.

Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume I Sentieri dell'Acqua
Sentieri CAI
Escursione
Attrezzature
A - Passamani
Mese consigliato
Maggio
Carta Tabacco
09
Dislivello
600
Lunghezza Km
11,8
Altitudine min
683
Altitudine max
1102
Tempi
Dati aggiornati al
2009
I vostri commenti
  • 14/08/2022 Fatto oggi come da relazione; il sentiero di avvicinamento e' molto piacevole, soprattutto in queste calde giornate, perche' si gode dell'ombra del bosco e dell'aria umida e fredda che arriva dalla forra. Molto bello il camminamento sulla cengia, la forra qui e' veramente suggestiva. L'unico vero 'strappo' in salita si ha alla fine del percorso attrezzato, sul sentiero che risale alla baita "da Nelut" (che e' chiusa da anni ormai - ma comunque offre un po' di tavoli e panche per sedersi e mangiare). Nulla da segnalare... i vari ponti in ferro sul sentiero appaiono a volte malconci, ma ancora reggono.
  • 02/08/2022 Aggiungo che le attrezzature sulla forra sono adesso in perfetto stato, e rendono tutta la passeggiata veramente appagante!!! Confermo l'indicazione di attenzione con i bambini ANCHE lungo il piacevole sentiero fiancheggiante il torrente: il percorso lo costeggia molto in alto!
  • 17/06/2021 Ciao a tutti.Dopo tanto tempo ad aspettare, è arrivato il momento di ripartire…Lunedì 14, in una giornata “ferragostana”, sono salito da Paularo alla Forra.Il sentiero scende nel letto del Chiarsò è praticabile, fate solo attenzione agli alberi schiantati e a qualche passaggio obbligato.Appena arrivato giù, qualche metro più avanti e qualche metro sopra la mia testa ho trovato la cengia che mi ha accompagnato per tutta la durata dell’esplorazione.La cengia è tutta assicurata con cavo, purtroppo lungo il percorso ci sono parecchi fittoni staccati dalla roccia e in prossimità di uno strozzo la fune è ciondolante.Questo passaggio, non sottovalutatelo perché coincide con un punto abbastanza profondo della Forra. (Io mi ero assicurato con imbrago e caschetto).Comunque a parte le note tecniche, la cengia è in buono stato e la Forra è uno spettacolo: le piscine naturali, le rocce lavorate dalla natura, il paesaggio e il frastuono del Chiarsò rende il tutto …Una Meraviglia!!!Ps: Fate attenzione se ci andate con bambini
  • 13/09/2020 Effettuata oggi l'escursione partendo da PaularoLungo il percorso si trovano delle segnalazioni che indicano il sentiero 442 chiuso per frane (noi si siamo stati perchè una persona del posto e ci ha rassicurato sull'agibilità del tratto). Il sentiero è ben percorribile (segnalato molto bene), sebbene siano presenti dei punti in cui occorre scavalcare / passare sotto alberi caduti.I ponti hanno qualche danno, ma sono attraversabili senza timore.Passeggiata bellissima e non faticosa, che sfocia alla forra "Las Callas", che stupisce per le sue caratteristiche.Il sentiero che la sovrasta è incantevole e molto sicuro (presenti passamano in ottimo stato).
  • 12/08/2020 Partendo dalla baita di Nelut, viste le recensioni precedenti e l'avviso di inagibilità all'attacco del sentiero 442, sono sceso a Las Callas per la pista forestale poco più a nord. Discesa molto ripida nel tratto finale prima di arrivare alla forra. Cavo attrezzato in buono stato presente lungo tutto il tratto della forra, più per sicurezza che per effettiva necessità. Risalito al punto di partenza per il sentiero 442 senza particolari problemi. Lungo la salita, incrociato una persona del luogo che mi ha detto che il sentiero è stato reso nuovamente fruibile tra fine luglio e inizio agosto (almeno nel tratto di collegamento a Las Callas, verso Paularo non lo so).
  • 04/07/2020 Attenzione! Sentiero 442 inagibile da Plan di Zermula. Partendo da Paularo praticabile fino a poco dopo la fontana Fuset.
  • 28/06/2018 Da Nelut siamo scesi al percorso attrezzato di Las Calas, evitando di intraprendere l'escursione da Paularo in quanto il CAI 442 risulta inagibile causa frana (vedi commento precedente e sito CAI FVG). Da questa parte non ho visto cartelli di avvertenze al riguardo, per chi volesse raggiungere Paularo. La mulattiera di discesa è in ordine. Abbiamo adoperato l'autoassicurazione per il tratto attrezzato da cavo passamano, dalla forte esposizione. Ci sono due fittoni (non contigui) divelti: sono punti comunque fattibili superabili con un po' di attenzione. La ripida risalita (qualche gradino in legno) ci porta a passare presso una cava a poca distanza dalla strada asfaltata, da cui a destra si torna al locale da Nelut con le prime gocce di pioggerella. La forra è sempre molto suggestiva e il boato dell'acqua incanalata è quasi assordante.
  • 23/04/2018 23-04-18 Attenzione: il sentiero 442 da Paularo risulta inagibile causa frana.
  • 25/06/2016 Tracciato effettuato in data odierna senza particolari problemi. Confermo la bellezza mozzafiato del luogo. In tutta la tratta della forra è presente una corda in acciaio in buono stato salvo in un paio di punti dove sono saltati uno/due anelli ma questo non ha compromesso la fattibilità del percorso (da apprezzare che qualcuno ha lasciato un moschettone in un punto dove vi è una scaletta). Prestare sempre massima attenzione per l'umidità e le rocce scivolose. Il sentiero è tracciato molto bene e l'aver perso il segnale GPS per un lungo tratto non è stato quindi un problema. La maggior parte del sentiero è in ombra, cosa apprezzabile in queste calde giornate. Ricca la vegetazione nel primo tratto. Buone escursioni!
  • 21/08/2015 Sentiero molto scenografico ma meno difficile di quanto pensavo. Prestare attenzione in discesa in corrispondenza dell'attraversamento del rio del Men.
  • 23/05/2015 Il riul a si fas mâr. Spumose ombrellifere ondeggiano nei prati di Villamezzo, ogni bracciata è un inspirar di profumi. Tante le fioriture, coloratissime e rese vivaci dagli abbracci di bombi e insetti vari. Nell’ultimo orticello due anziane sorelle, arcuate, si fan piante di vite. Esili, paion non aver mai conosciuto la verticalità del corpo. Le loro mani son rami, i fazzolets le foglie che danzan al vento. Gli chiedo conferma sulla direzione per la forra: “Ma no eRe mioR ca tu nus judavis ta l’oRt?” (la erre maiuscola e in grassetto a PaulâR è d’obbligo). O ridi, se lu savevi o lasavi il presac a cjase e o cjapavi a sec la ofierte des fantaçutes! Con il bosco i colori si attenuano, è l’ora della grazia delle Elleborine bianche. Al Ruat la terra si fa sanguigna, generando Orchidi violacee. Il troi è costellato da lapidi. Non solo delle brigate militari, ma anche di tanti boscaioli. Con difficoltà mi freno nel tuffarmi in una traccia che scende. Il richiamo del Cjarsò diventa irresistibile. Non canta più, sbraita, ringhia e tuona. Al successivo impluvio una salamandra si fa struzzo, impaurita, nasconde la testa sotto un sasso tentando invano di farci entrare il corpo, insistentemente. Una tenerezza disarmante per chi, come unica difesa, ha solo le proprie vesti. Le passerelle, grazie ai massi che le han flagellate, si son donate al pennello di Dalì. Dopo il bivio finalmente acqua! Incredibilmente scura nella sua trasparenza. Profondo e scontroso il Cjarsò trascina veloce l’inverno a valle. I massi che spuntano all’inizio della forra si fan macigni. Le dimensioni si alterano. Delle pareti come delle modulazioni vocali del torrente. Il sentiero scavato a pala e picco dai manovali della Sade, sciagurata predatrice delle nostre valli, mi scaraventa in un altro mondo. E’ incredibile quanto la furia dell’acqua, amplificata da quelle prigioni di pietra, possa trapassarti atavicamente, impregnandoti della sua potenza. Corredato da un passamano infinito, consente anche ai vertiginanti di proseguire in sicurezza. Non lo sfioro neanche. Non lo vedo. Lo sguardo stesso è teso a percepire i suoni, la rabbia che liscia la pietra, la prepotenza che si fa corsa, la devozione alla fuga. Verso la fine della forra noto degli scalini di ferro che s’inerpicano verso l’alto. Il tempo di chiudere i bastoncini e li seguo. Dopo qualche metro ne trovo diversi rotti e piegati dal pietrame. Pericolosi da ripercorrere in discesa. Desisto. Poco dopo, d’improvviso, le fiancate tornano a pettinarsi di verdi, l’incantesimo è finito. Vorrei ripercorrere quel tratto più e più volte ma mi faccio tentare dall’anello, conscio che me ne pentirò. Troppo breve questo volar sui flutti, troppo fulmineo quel ascolto inebetito. Rientro leggero, pensando a quelle onde cromatiche che m’attendono. In mezzo a quel galleggiar d’essenze, due sirene della valle. I loro canti si fan memorie. Quei boschi che scendon a divorar il paese dal Cul di Creta e che a foresti posson sembrar verdi poemi, le addolora. Una volta era tutto un oceano di prati. La fienagione si spingeva fin alle pareti dello Zermùla. Tutto era fatica, ma gioia. Fatta di eguali. Une fature condividude. Di duç e di dutes. Mi raccontano dei menaus di cala che dan il nome alla forra. Ordinarie leggende d’uomini che senza spit venivano calati dalle vertiginose pareti a sbrogliare le preziose matasse di tronchi all’altezza delle stue, sbarramenti artificiali in legno, o a disincagliare quelli incastrati tra i macigni. Coraggio, fatiche e morte eran semplice quotidianità quando le uniche strade eran fluide e i caselli i porti di zatteraggio di Venzone e via via fino alla laguna. Che dominava le terre alte, affamata di fusti da utilizzare come basamenti per i palazzi dei loro signorotti. Tanto da bandire decine di boschi. Come la Sade, pronta ad affondar gli artigli del profitto facendone pagare il prezzo a chi, quella terra, la rispettava. Gli occhi delle due donne continuano a cercare i ricordi sui rivali mangiati dalle nubi. Poi, le parole si fan dissolvenza.(19.05.2015)
  • 03/05/2014 Sentiero Forra “Las Callas”Ho percorso l’avvincente itinerario de “Las Callas” in data 1/5/14: informo - riservandomi d’inviare un approfondito commento corredato da immagini in tempi successivi - che il sentiero di discesa da Pian di Zermula (CAI n° 442) alla forra è accessibile senza problemi particolari. Il sentiero segnato, che s’inoltra nella pittoresca forra costeggiando il Torrente Chiarsò, invece, andrebbe evitato in presenza di apprezzabili piene del corso d’acqua (ad esempio, come in questo periodo conseguente all’eccezionale disgelo in corso), poiché in tal caso si rende necessario guadare il corso d’acqua 2 volte, l’ultima delle quali, presso l’inizio dell’ardito sentiero scavato nella roccia, può risultare un po’ problematica per la gelida temperatura dell’acqua e per la portata del torrente.Al termine della forra, durante la risalita, porre attenzione alla scivolosità del ripido sentiero che risale a Pian di Zermula, interessato da alcuni schianti e smottamenti.Un caro saluto a tutti,Giuliano.-
  • 26/10/2012 26-10-2012Bertolini SilvanoFatto domenica 21-10, subito dopo Paularo, il sentiero, causa le abbondanti piogge, è franato in vari punti, anche dopo "Las Callas" c'è un franamento del sentiero che sale verso il "cason da Nelut" si passa facendo molta attenzione.Mandi silvanobertolini@gmail.com
  • 05/08/2003 Sentiero CAI: 442. da Paularo a forra Las Callas 200 metri dopo il rio Ruat. frana. grazia_cocianni@tiscali.it
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