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    Monte Frate da Lesis
    Prealpi Carniche
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SentieriNatura
I percorsi di SentieriNaturaS08

Monte Frate da Lesis

Avvicinamento

Da Montereale si risale lungamente la Val Cellina fino al ponte sul torrente Cimoliana, poco prima di Cimolais. Qui si devia a destra in direzione di Claut che si attraversa seguendo poi le indicazioni per Lesis. Giunti al punto dove la strada affianca il corso del Cellina, fare attenzione ad un cartello CAI che ci indica di scendere a destra sul greto principale dove si può parcheggiare comodamente (m 604)

Descrizione

Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume I Sentieri del Silenzio
Sentieri CAI
Escursione
Mese consigliato
Luglio
Carta Tabacco
021
Dislivello
1400
Lunghezza Km
17
Altitudine min
604
Altitudine max
1983
Tempi
Dati aggiornati al
2008
I vostri commenti
  • 28/05/2020 Percorso il 27/05/20. Tutto il sentiero é ben segnato, anche il tratto che va da forcella tramontins alla cima del monte Frate. Speciale il panorama dalla cima. Per il ritorno ho seguito la carrereccia per il rifugio Pradut purtroppo ancora chiuso.Mandi
  • 09/06/2015 Cima Lastruta: inserisco nei commenti una breve variante che non necessita di relazione ma solo di quella curiosità che guida le zampe senza poterle controllare. Dalla cima del Frate, essendo il panorama divorato dalle vaporosità, curioso le curve vicine, riperdendomi nella Lastruta che pare un colle tagliato in due, di netto. Guarda che ti guarda, risalta una traccia che taglia prima le sponde erbose e poi la pietraia. Non serviva altro. Alla forcella seguo la traccia tra le erbe che pare perdersi ma si ritrova evidente poco sotto le balconate. Digrada moderatamente in diagonale verso la pietraia, attraversandola tutta e poi sembra perdersi. Intanto il Dlang! Dlang! Si fa incessante. Tra i mughi finalmente le vedo! Emerge solo il collo, diritto come un periscopio. E partono i fischi! Cerco invano il prolungamento del cammino che si confonde con tracce caprine parallele, poi capisco che svirgola in direzione opposta, a guadagnare la sommità della pietraia portandosi rasente alle balconate. Appena in tempo! Dall’alto si spazientiscono e parte una pioggia di pietre che continua tra fischi e sbuffi. Risalgo in diagonale fino a raggiungere una forcelletta tra le due cime. L’unica alternativa è proseguire a destra verso quella più alta. Il percorso di cresta è bello, articolato e selvatico come lo immaginavo. Non ci sono grosse difficoltà ma è necessario prestare attenzione alle buche letali celate dagli arbusti. Bella la vista verso la dorsale che termina con il Colciavas e sul Frate stesso. Anche qui la nuvolaglia s’attacca al resto ma quei duecento metri scarsi di dislivello in più meritavano d’esser percorsi. In discesa ancora campanacci e, questa volta senza avvertimento alcuno, partono altre scariche, una dopo l’altra. Scelgo di scendere per il pietrame, anche se poco incline allo scivolamento, per riacciuffare il troi più a valle.(06.06.2015)
  • 09/06/2015 A Pinciadona pensare a Fausto è inevitabile, come alla Toscana, se non fosse per quelle picche che spuntan da dietro il tetto. Una, più indietro, pare timida, si fa scudo col vicino, più basso, ma di rocciosa presenza. Avremo tempo di conocerci nella lunga salita. All’inizio il troi è ben bilanciato tra l’allegria dei Botton d’oro e la malinconia della Cariofillata dei rivi. Quest’ultima mi ha sempre affascinato, languidamente. In attesa dell’amor perduto rimane china, celando i suoi petali disegnati con l’acquerello. Solo una volta ne vidi una aperta, probabilmente poco prima di consegnare al vento i suoi delicati drappeggi. Più avanti il giallo si dà il cambio con selve di Ranuncoli dei boschi e con le delicate Omogine, minimaliste e pelose. Prima della casera, l’orologio tira indietro le lancette lasciando fioriti Anemoni e Dentarie a cinque foglie. Poi, finalmente, giungo a quella casupola così curata e piccina che ti conquista con un sol sguardo. Rinasco lasciando qualche chilo di troppo tra riserva d’acqua, materassino, sacco a pelo e vettovaglie. Il corridoio di Larici pare creato da loro stessi. Spostatisi per l’occasione, salutano dall’alto, invitando al passaggio. Nel mentre iniziano a suonar le campane. Dlang! Dlang! Provengono dalle bastionate di Cima Lastruta, ma più mi fermo a cercar d’individuarne l’origine, più tutto rimane immobile. Alla forcella dei Tramontins noto una traccia tra le erbe che pare dirigersi verso quelle balconate striate che tanto ammiravo da sotto. Ma la meta è un’altra e prendo per il Frate, salutato da una miriade di Pulsatille. Il tratto successivo mi fa scoppiare a ridere! Quei Larici di sicuro stan giocando al loro eterno “un, due, tre, stella!”. Alcuni si son fermati ben ritti, altri, al tre, si son bloccati in puro movimento immoto per non farsi eliminare. Si sa, i tempi degli alberi non sono quelli effimeri degli umani, mi chiedo solo quando ripartiranno e verso dove. Poi il panorama s’apre, celato in parte da foschia e nubi basse. Il Frate però si fa vedere. Placido, curiosa l’orizzonte. Si notano i puntini di casera Pradut come di quella che m’aspetta per la notte, poi Claut e soprattutto la cresta che diparte verso il Resettum, una muraglia di severità da intimorire quel mare di nubi che, pur lievitando sopra di lei, stenta ad oltrepassarla. Il bianco, in terra, è garantito dalle fioriture di Ranuncoli alpestri, per la poesia cromatica ci pensano le Primule di Wulfen. Scendo con calma, ripassando tra i larici e sussurrando un, due, tre…ma restan tutti immobili, mica si fan fregare così! Poi è tutto un preparar di giaciglio e ascoltar il vociar degli uccelli.(06.06.2015)
  • 02/11/2013 Il cartello all'inizio c'è nuovamente i segnavia sono stati ripassati quindi non vi sono incertezze. Dalla forcella il tratto finale per la cima (traccia evidente e tortuosa) è segnato con frequenti bolli rossi, non vi sono problemi di orientamento per un occhio allenato.
  • 03/11/2012 Percorso effettuato, fino a Casera Frate de Sora, il 2 novembre 2012. Il cartello Cai sulla strada Claut-Lesis non c'è più; il primo segnavia si incontra non appena attraversato il ponte sul Cellina. Di tanto in tanto la traccia del sentiero si perde (e può risultare insidiosa) per l'abbondante lettiera di foglie di faggio. Il segnavia è talvolta latitante, ma comunque confortano i frequenti ometti. Infine il cuore si 'allarga' entrando nella raccolta conca che ospita il bivacco.
  • 09/09/2012 (Percorso fino alla casera Frate de sora). Sopra l’ameno irresistibile Claut, a destra scende stradina su guado impetuoso. Il sole è grandioso da queste parti, prima che la valle si restringa verso Lesis, la luce è un cuneo che spacca il Cellina in cento dardi accecanti. L’aria è meravigliosa, fresca, e qui non manca nulla, l’ombra, il ponticello, lo stavolo chiuso. Un suv traversa il guado e sfregia il bel quadretto, ma è un attimo. Su per la stradina cementata, un paio di volte, e qui si spalanca il prato, un vialetto lo taglia e porta alla casa rosa antico, che è una delle più belle che mai vidi, accogliente sempre chiusa, con la sua bella vasca da bagno sotto la grondaia, le panche al muro e sull’architrave “beata solitudo!”. Sulla Tabacco si chiama “Pinciadona”, epoca dei pionieri, che qui forse cercavano l’oro. Si fa fatica a lasciarla, dietro è subito l’ombra, un paio di stavoli chiusi prima del lungo bosco. Silenzioso quanto mai, mi fa credere che ce l’abbia con me, ma ormai lo conosco, è fatto così, il suo mutismo non impaurisca, così fino alla fine non aprirà bocca. Ti fa perdere la via, ma subito te la fa ritrovare, tante sono le false piste. Da qualche parte, guardando bene c’è sempre un timido segnavia. Una cupola di luce segnalerà il cielo che si avvicina, ma ne manca, il sentiero diseguale va su dritto incurante, non si preoccupa di agevolarti, ma neanche ti chiede troppo. Non direi bello, ma profondo sì. Al bivacco mi fermo, guardo la paretina del monte, peccato aver dimenticato a casa la piccozza! La dimentico sempre, non ne ho mai posseduta una. Raggiungo invece l’altra casera là vicino, ovile ligneo d’epoca anch’essa dei pionieri, con orto di insalate montane. Il ricovero è tutto in un metro quadro, compresa padella, giaciglio e focolare, radiolina e caffè. Il bivacco ufficiale, quello di pietra, è tutto nuovo, con letto a castello e stufetta, ci va poca gente. Scendendo distorsione al ginocchio subito rientrata, un minuto di spavento e si riprende. Per finire, visita ad uno stavolo: porta sfondata, salottino con canapè rustico e stufetta belle époque. Torno a Pinciadona, e staccarsene è dura.
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  • Casera Frate de Sora
    03/11/2012 Casera Frate de Sora
  • Interno di stavolo
    09/09/2012 Interno di stavolo
  • Interno di stavolo.
    09/09/2012 Interno di stavolo.
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    04/06/2012 Casera Frate de Sora
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    04/06/2012 Stavolo abbandonato
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