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    Anello di Castelnovo del Friuli
    Prealpi Carniche
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    Anello di Castelnovo del Friuli
    Prealpi Carniche
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SentieriNatura
I percorsi di SentieriNaturaU06

Anello di Castelnovo del Friuli

Avvicinamento

Percorrendo la strada statale n.464, nel tratto compreso tra Spilimbergo e Maniago, si seguono a destra le indicazioni per Lestans, Usago o Travesio. Raggiunto il centro di Travesio, la strada piega ad est in direzione di Castelnovo, seguendo il corso del torrente Cosa fino a giungere alla frazione di Paludea dove si parcheggia comodamente (m 228, ampio spiazzo presso il centro sportivo).

Descrizione

Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume I Sentieri dell'Uomo
Escursione
Mese consigliato
Febbraio
Carta Tabacco
028
Dislivello
700
Lunghezza Km
21
Altitudine min
228
Altitudine max
440
Tempi
Dati aggiornati al
2022
I vostri commenti
  • 25/02/2022 Percorso il 20 febbraio l'anello di Castelnovo con una variante (che abbrevia un po' la percorrenza). Nel tratto descritto come Anello di Celante, una volta raggiunta la insellatura "compresa tra le quote 453 e 451", abbiamo seguito il Troi dal Kis.Il sentiero è stato ripulito di recente (2021) e percorre la cresta del monte Santo con alcuni brevi saliscendi e scende poi a nord per raggiungere Celante. Da qui siamo sul percorso descritto.
  • 24/01/2020 Bel percorso, impegnativo per la lunghezza e a tratti per la pendenza, ma di facile percorrenza. Bellissimi panorami e sorprese, come il castello di Castelnovo, e il Colle Monaco. Da segnalare un recinto con un gruppo di cervi, appena prima della salita al castello. Trovati altri animali (non identificati) nel bosco, probabilmente erbivori, di grossa taglia.ATTENZIONE! Appena prima di arrivare a Vidunza, ignorare il cartello che segnala di prendere la strada a destra: questo sentiero è chiaramente in disuso, poiché coperto di rovi; dopo qualche metro si perde nella fitta boscaglia e non è possibile proseguire. Proseguire invece dritto sulla strada, che porta esattamente al centro dell'abitato.
  • 12/02/2018 In cerca di primavera, percorriamo l'anello di Castelnuovo (11/02), tralasciando il Col Monaco (v.commento precedente); i primi fiori della stagione fanno la loro comparsa ma il clima davvero non si abbina ad essi. Ho ritrovato le situazioni così ben descritte nei commenti precedenti: la persona che riempie le dame di acqua alla fonte; i particolari antropici sottolineati così umoristicamaramente da Askatasuna, i tratti un po' umidi per il fango, i cani che abbaiano, i banani secchi: sono ancora presenti. I ruderi di Praforte sono, se possibile, sempre più precari. Incontrata solo una coppia di escursionisti residenti in loco con cui scambiamo due chiacchiere. Sorprende, dopo piste e asfalto, il tratto di sentiero che segue l'attraversamento sul ponte, in cui il percorso sfrutta una serie di sottili alte costole di conglomerato coperte da vegetazione. E' una passeggiata silenziosa che alterna borghi abitati a luoghi boscosi e appartati.
  • 15/01/2018 Anello percorso quasi per intero, in senso antiorario, con variante per Ghet-Braida-Faviz (tagliando l'allungo per Sottoforca). Percorso facile e piacevole, anche se il meteo un po' umido favorisce la formazione di rigagnoli d'acqua lungo il sentiero rendendolo scivoloso a causa del fango. Pochi i punti panoramici, ma il sentiero concede diversi passaggi lungo borghi sperduti e abbandonati molto caratteristici. Attenzione: evitare il tratto dal Bivio Col Monaco a Rizzos in quanto numerosi alberi sono franati sul sentiero rendendo a tratti molto difficoltoso il passaggio. Il sentiero è anche teatro di una marcia FIASP che si svolge generalmente il 2 giugno. Anello consigliato per una passeggiata un po' lunga ma rilassante.
  • 03/03/2017 Ancora nella bassa, ancora a mendicar sherpistico ausilio. Mai avrei pensato di giocare a ping-pong per i trois di Castelnovo ed eccomi qua, a condividere l’entusiasmo di Francesca. Poco importa se v’è da calcar tanta strada o carrareccia, l’esser schizzinosi funge solo da colesterolo nelle vene dell’emotività, così eccoci qui, a prender tutto ciò che venga. Passiamo accanto al ranch Prancing Horse, caratterizzato dalla gigantografia murale della bandiera degli States (la cassetta dei medicinali con l’antiemetico, qui sarebbe proprio servita). Saluto i proprietari intenti al lavoro mattutino come Alberto Sordi nel superbo episodio in cui interpreta un vigilante ‘merigano. Per mia fortuna non se ne accorgono ed i forconi continuano a puntare al fieno. Accanto alla sorgente Tof è stato eretto l’ennesimo santuario della follia. Una madonna ed accanto, dalle ramaglie, penzola di tutto: rosari, gavettoni, fili di lana, pietre legate agli spaghi, gli immancabili fiori di plastica, medagliette, ferma-capelli, braccialetti, mollette, matite, collanine rasta e rosari, il tutto in un panteismo di colori orgiastico in cui Basquiat risulterebbe la fotocopia stinta d’un Mattarella qualsiasi. Le sue opere in confronto paiono monocromatici altari votati al minimalismo ed all’ordine. Quante meraviglie dovremmo ancora scoprire? Quanto disagio visionario ci circonda? Quanti benefattori, con le loro opere, mi doneranno l’illusione d’esser meno frastornato mentalmente di quanto creda? Ad Almadis usciamo dalla via godendo d’altre forme d’arte, questa volta scolpite. Nasoni con le mani in alto, sculture informi, una maschera inquietante attaccata alle pareti esterne e due cani da guardia, simil-bracco, vittime dello sguardo della Medusa di turno. A scomencin ben e no mâl! Ma poi arriva la clapadorie! Che tira su tra primule e foglie d’ursino. Appaiono anche i primi ruderi. Con all’interno damigiane, gigantesche molle arrugginite, un paio di scarpe, la solita cjvile che cerco come sacro graal della memoria. Ma soprattutto le sue tele! Un’anticipazione del museo all’aperto di Praforte. Vederle ostentate sulle pareti del Guggenheim di Bilbao, non mi ha dato la minima emozione: le targhette, le cornici, la presunzione della visionarietà intellettuale che riflette una sensibilità elitaria a cui dare o trovare spiegazioni perse nella biografia o nella presunta interiorità dell’autore. Qui il pittore è il tempo e le micro-vite che lo scandiscono. Le goccioline che s’affacciano dal nulla, come gli spiriti della foresta di Miyazaki, il passaggio delle stagioni, la decadenza dell’abbandono, il libero mordente degli elementi. Sono pareti da visitare e fotografare solo dopo averle respirate ad ampie boccate. Senza audioguide. Son schegge di memoria. Cromatismi che si son sormontati stagione dopo stagione per poi compiere il percorso inverso e tornare a rivelarsi. Sono amalgame di umano ed organico. Sovrapposizioni. Intersecazioni temporali. Magie dello scorrere, del fluire senza freno alcuno. Ogni materialità, sia esso mattone o cemento grezzo, intonaco o stucco, trasuda a suo modo. Gocciola nell’eterno seguendo la sua gravità. Attraendo microscopici artisti o facendone fuggire altri. Risorgono decorazioni dai colori vivi, come piumaggi di uccelli tropicali, tinte forti a dar coraggio ad una monocromia fatta di fatiche. Fioriture nate da pennelli, guidati da mani tozze che tentan d’esser soavi carezze, mischiate a muffe, distorsioni, raschiamenti del tempo che graffia ed allo stesso tempo accarezza le tavolozze tutte. In una stanza penzola una lampadina. Sconsolata. Ossidata. L’anello che la sorregge s’è fatto smeraldo. Pare un’ampolla piena di fumo. D’aliti delle stagioni passate. A sostituire le fiammelle vive, come fosse un miracolo. A catturare istanti e cene frugali. Rapendo anime e discorsi. Bestemmie e risate. Pianti e frasi barcollanti. Muta testimone, fulminata dalle umanità a cui donava un giorno fatuo. Poi un’altra parete ancora. Bianca. Macchiata di centinaia di schizzi neri, come girini, decisi ad incamminarsi sulla parete invece di seguire i rigagnoli! L’arte contemporanea qui appare come pura masturbazione mentale, ridicola imitazione dell’eterno. E’ grottesco come certa contemporaneità mimi gli effetti d’un elogio alla lentezza, d’un inno all’oblio che pare immobile ma destinato ad un’effimera ed organica cangianza. Il giro è lungo. Michele ed Evita mi scippano a questi tesori che mi scuotono, come mano umana mai potrà fare. Il secondo anello –il meno coinvolgente- ha come fulcro l’ancona di Molevana. Con le minuscole pareti a ricalcar lo scorrere delle generazioni: la lotta partigiana, l’innocenza dei bimbi, il fulgore dei fabbri, gli sguardi persi dei vecchi consumati. Il tutto intrecciato, come ordito delle esistenze, nelle trame delle foglie di vite, coi fumi dei camini che si fanno astratti, trascendendo nel soffitto. L’ultimo anello è una chicca. Con quel sentiero peloso, nascosto dalle ramaglie, come si percorresse la schiena d’una delle Creature Selvagge del libro di Maurice Sendak. Quel ponte che si fa passerella aerea, oltrepassando i limiti delle balconate stesse. Trapassandoci dall’antropico all’ignoto. Fino a rimetter zampa tra le fascine legate con gli spaghi di rafia sintetica con la stessa cura con cui si legavano un tempo. Ove ogni sterpo era un prezioso ratto alla foresta. E campanellini e crochi e le prime polmonarie! Ma un anello come questo, che si fa storia, non può prescindere dalla circolarità dominata dall’assurdo. Così, gli ulivi, tornati di moda come abiti anni settanta, si mescolano ai bambù e ad un incredibile quantità di banani rinsecchiti. Con quei frutti minuscoli e tutti buccia. Intrusi posti dal Terry Gilliam di turno. Baroni di Münchausen che irrompono a cavallo dell’inconcepibile. Tanto da sforzarsi di scovarne un uso pratico. Che sia per gli spolert o per far da letto a chi bela o raglia. Sfrangiandosi a migliaia di chilometri di latitudine almeno per uno scopo che non sia la bizzarria. Poi, scorgendo un murale con leonesse, elefanti e giraffe capisco tutto. O meglio, ancora meno. Tranne come la miriade di borghi di Castelnovo siano un paradiso per chi vive tanto vicino all’alienazione quotidiana, un ordinato insieme di versi d'una bucolica poesia che definisce queste oasi celate ai più. (12.02.2017)
  • 26/11/2016 Mi ha entusiasmato molto questo anello che, nonostante le apparenze (quota bassa, tratti di asfalto), riserva delle sorprese che vanno al di là dell' appagante ma consueta conquista della cima. Abbiamo effettuato questo percorso domenica 20/11 esattamente come da relazione SN sommando i tre itinerari proposti in una giornata. Confermo la scelta dell'anello di Praforte in senso antiorario, in quanto l'erta salita lungo la clapadoria da Almàdis verso S. Vincenzo è più agevole in questo senso, per evitare di scivolare nel caso di terreno bagnato. Praforte abbandonato ma ancora vitale, la stupenda cappelletta di Molevana, testimone di un paese sepolto, Colle S.Nicolò e Col Monaco con le loro storie, sono solo alcuni eclatanti esempi di questo bella camminata. Passeggiando per i sentieri si possono incontrare ruderi di vecchie case, stalle, muri a secco, selciati, ponti in pietra, fonti d'acqua: testimonianze importanti dell'architettura rurale e della vita dei tempi andati, che l'escursionista interessato saprà cogliere. I sentieri sono ben tenuti e segnalati per quanto riguarda le prime due proposte della guida, mentre il tratto sopra la forra del torrente Cosa verso Celante di Vito, risulta piuttosto inerbito. La rigogliosa vegetazione inoltre toglie la suggestione di trovarsi "sospesi sulla stretta costa che separa due greti". Le attrattive di questa escursione si fondono con la storia di un territorio, complesso morfologicamente come quello di Castelnovo, e con la storia delle popolazioni, che hanno saputo adattarsi a questo ambiente , sfruttandone le potenzialità nel rispetto di esso. Per approfondimenti consiglio il supplemento "Castelnovo del Friuli" della rivista "Sot la Nape" uscito nel 2009.
  • 02/03/2016 Parcheggio deserto, mi saluta l’operoso picchio e quel ritmo mi accompagnerà lungo tutto il percorso, oggi primavera e picchi. Lungo il sentiero della sorgente l’incrocio, è lui, carico di bottiglie appena riempite, mi raccomanda di bere alla fonte, è lui, simpatica persona che in un paio di minuti mi elenca tutti i pericoli dell’andar da soli, ascolto il suo consiglio di bere, per il resto….Un ponticello di legno e a terra un paio di ciabatte (numero grande), calzini sui rami, jeans ed altri indumenti più o meno intimi, m’inquietano un po’ e allungo il passo verso Almedes già in vista. Caldo, la mulattiera sale verso i primi ruderi, ai lati un giardino primaverile e profumo di erba cipollina, oggi fiori, tanti fiori lungo tutti questi 21 km. A Vidunza canta il gallo, gallo dormiglione direi, curiosi i dipinti all’interno della cappelletta preso i ruderi di Molevana; presso la chiesa di San Nicolò una signora pulisce la gradinata che porta alla torre, domenica ci sarà la festa che riunisce i sindaci di tutti i Castelnuovo d’Italia, quest’anno tocca a noi dice, mi racconta che Praforte è deserta per motivi militari (poligono), mi raccomanda di salire al Col Monaco a vedere la pietra di Carlo V, zampetto via non senza aver ammirato la particolare rosa “dei castelli”. Tratto d’asfalto antipatico quello verso Faviz, pendenza positiva 27% e poi discesa 20%, un po’ avanti indietro per trovare la prosecuzione del sentiero ben nascosto dietro un’abitazione con 3 cani scatenati a far la guardia, ma almeno è un bel sentiero nel bosco soleggiato quello che percorre il monte Santo, e presa dall’euforia alla vista di due farfalle gialle non mi curo di un bivio e mantengo la destra; il sentiero è ottimo, ci sono solo un paio di schianti che si superano, si ricongiunge alla pista forestale allungando di un po’. A Celante salgo al Col Monaco, il cartello indica opera di sistemazione in corso, la boscaglia avrebbe bisogno di una buona ripulita, un fitto intreccio di pungitopo impedisce l’accesso alla vedetta di epoca romana. Discesa verso Paludea per asfalto mentre alcuni ciclisti ci danno di pedale
  • 18/02/2008 una bella passeggiata!
  • 20/01/2006 una tristezza e nostalgia infinita per chi, come me, ha percorso da bambina i sentieri puliti, i "praas" dove si faceva fieno e si mangiavano le fragoline di prato e da dove si vedeva Clauzetto..............e, dopo il "fazzoletto del cimitero" ritagliato in mezzo ai prati puliti e aperti si entrava nel dedalo delle "viuzze" acciottolate e con i muretti a secco del paese!!!! A PROPOSITO, la casa di mio Nonno è ancora in piedi, NON E' CROLLATA !!!!! se un paesino così fosse stato situato, ad esempio, in Francia,sarebbe monumento nazionale.
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  • Ponte Tof. 20/11/2016
    26/11/2016 Ponte Tof. 20/11/2016
  • Casa con vetrate adorne di corteccia a Praforte. 20/11/2016
    24/11/2016 Casa con vetrate adorne di corteccia a Praforte. 20/11/2016
  • Cjasa Gjelma a Praforte. 20/11/2016
    24/11/2016 Cjasa Gjelma a Praforte. 20/11/2016
  • La bellissima cappelletta affrescata di origine ottocentesca ...
    24/11/2016 La bellissima cappelletta affrescata di origine ottocentesca ...
  • La torre campanaria della chiesa di San Nicolò si trova sul  ...
    24/11/2016 La torre campanaria della chiesa di San Nicolò si trova sul ...
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