Avvicinamento
Tramite la statale n.552, da Sequals si risale la
val Tramontina fino a raggiungere l’abitato di Tramonti di Sotto. Alle prime case si imbocca sulla destra via Manzoni piegando, dopo un centinaio di metri, ancora a destra per via Cima Riva (cartello CAI 831a, loc.Comesta). Si attraversa un grande pianoro erboso passando accanto ad una una azienda agricola poco oltre la quale si può lasciare l'auto (loc. Comesta, m 384, rudere e spiazzo sulla sinistra). Volendo si può proseguire ancora fino al divieto di transito cercando un parcheggio lungo la strada.
Descrizione
Con alcune svolte ci si alza nel bosco di
pino silvestre entrando poi nel vallone del rio Tarcenò che scorre in basso alla nostra destra. Dopo avere aggirato in alto un costone dirupato, la strada perde quota fino ad accostarsi al greto principale nei pressi del divieto di transito con sbarra (m 410). Oltrepassato il guado, si abbandona la pista sterrata che utilizzeremo al ritorno per imboccare il sentiero che si stacca immediatamente sulla destra (segnavia CAI 832, indicazioni per
Tamar). Si risale a comode svolte un costone ricoperto da una boscaglia di
pino silvestre, lungo una mulattiera ancora ben marcata anche se scavata in più punti dalle intemperie. Con l'aumentare della quota la presenza del
faggio si fa più consistente mentre le rare schiarite offrono qualche fugace sguardo sulla
val Tramontina. Dopo la salita iniziale la mulattiera assume un piacevole andamento lineare e ben presto ci si ritrova ad un bivio. Qui si tralascia il ramo di destra che conduce agli stavoli Plendoria (cartello) e si prende a sinistra risalendo i pochi metri che ancora ci separano dalle prime case di
Tamar (m 660). Il
borgo sta conoscendo una improvvisa rinascita dovuta alla apertura di una pista forestale che ha consentito il recupero di alcune abitazioni. Una di esse, in particolare, è stata adibita a ricovero dall'instancabile opera di Renato Miniutti (CAI di San Vito al Tagliamento) con il nome di
bivacco Varnerin. L'edificio dispone al piano inferiore di un accogliente locale dotato di tavolo, sedie e stufa mentre nel piano rialzato sono disponibili alcuni tavolacci per uno spartano pernottamento.
Attraversato il borgo, ci si ritrova sulla pista di servizio che si asseconda a sinistra per un breve tratto fino a raggiungerne il punto più elevato, in corrispondenza di un'ampia radura. Qui si abbandona la strada per imboccare il marcato sentiero che si allontana verso destra (cartello). Si inizia ora a traversare lungo un versante abbastanza scosceso che richiede maggiore attenzione in qualche punto esposto. Sempre rimanendo sul lato sinistro del crinale, si punta ad una stretta forcellina, situata ai piedi del monte Brusò a cui alla fine si perviene (m 663). Al piccolo intaglio si incontra la mulattiera che sale da sinistra (segnavia CAI n.831a) e sulla quale ci si immette calando nell'opposto versante, su tracciato ora comodo, fino al greto di un rio secondario. Qui un ulteriore cartello indica la possibilità di deviare a destra verso Campone per andare a visitare le cascate del
Pissulat. Conviene in ogni caso scendere i pochi metri necessari ad accostarsi al greto del torrente Chiarzò per una breve sosta ad osservare le acque che serpeggiano in un letto roccioso. Ripreso il segnavia principale si continua a fianco del torrente innalzandosi moderatamente dopo aver superato gli alvei di alcuni piccoli affluenti. Oltrepassata un'ancona, il sentiero attraversa un'ultima volta il greto principale raggiungendo infine i ruderi dell'abitato di
Palcoda, immersi in un boschetto di
aceri e
noccioli (m 628).
Tra i
resti delle abitazioni invase dalla
lingua cervina, spiccano il campanile e la chiesa recentemente ristrutturati. Grande è la suggestione del luogo che induce a soffermarsi su quelle che dovevano essere le condizioni di vita degli abitanti in questo totale isolamento. Poco prima del borgo sulla destra è stato inaugurato nella primavera del 2011 il piccolo ed accogliente
ricovero in legno Palcoda.
Lasciata la prosecuzione, oltre il paese, del sentiero CAI n.831a verso la forchia di Negardaia, si ridiscende lungo il percorso fatto in precedenza per poi riguadagnare la forcelletta di quota 663. Da qui, seguendo le indicazioni per Tramonti, si scende nel versante rivolto verso il paese, costeggiando un vallone dirupato dove l'erosione ha modellato sulle rocce friabili pinnacoli e sagome insolite come l'impressionante figura di un leone. Più in basso, intorno a quota 500, c'è ancora l'occasione per andare a vedere sulla sinistra il modesto insediamento di Crovat, dove si possono riconoscere i resti di una abitazione e di una stalla. Il sentiero cala poi rapidamente, in un ambiente ideale per il frugale
pino nero, fino a toccare il greto del torrente Tarcenò, reso suggestivo dalle piccole vasche che l'acqua ha scavato lungo il corso. Non tralasciate a questo punto la deviazione per andare a visitare Vuar (cartello): si tratta di una breve salita che porta a ciò che resta della villa dei Rugo, numerata col civico 307. La costruzione è purtroppo in rovina ma non mancherà di sorprendervi grazie ad una soluzione architettonica inusuale per questi luoghi. Il grande edificio, infatti, mostra ancora due ordini di piani con finestre ad arco sovrapposte ad un porticato. Dopo essere ritornati sui propri passi ci attendono ancora alcuni piacevoli saliscendi nella pineta quindi, con una serie di svolte, ci si innesta definitivamente nella carrareccia di fondovalle, tramite la quale si rientra al punto di partenza.
Variante per la cascata del Pissulat (E)
Da Tamar c'è la possibilità di raggiungere
Palcoda risalendo la valle del Chiarzò. In questo caso dal borgo si seguono le indicazioni per Campone scendendo nella boscaglia fino ad un bivio dove si lascia a destra il CAI 832a per tenersi a sinistra. Il sentiero esce su balze più aperte incontrando nella sua discesa anche alcuni macereti. Si cala infine sul greto del Chiarzò che ora è necessario attraversare. Ci si tiene da questo lato fino al successivo guado ma prima di proseguire ci si può dilungare lungo il corso del torrente fino alla bella cascata del
Pissulat. Ripreso il sentiero, si rimonta decisamente nella boscaglia fino ad una costa oltre la quale inizia un breve traverso che taglia un pendio ripidissimo ed esposto sulla forra. Ora in discesa ci si riaccosta al greto del Chiarzò dove saranno necessari altri facili guadi per ricongiungersi con il percorso descritto nella relazione principale.
Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume
I Sentieri dell'Uomo