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Ascensore Marmolada Punta Rocca

17-02-2018 14:54
magellano85 magellano85
Ciao a tutti.
Mi piacerebbe molto conoscere la vostra opinione, dato anche il thread interessante che è scaturito sulla disposizione di eventuali attrezzature sulla via normale delle Chianevate,sulla recente apertura dell'ascensore sulla Marmolada, a 3200m di altitudine. Proprio in questi giorni mi sono imbattuto nei diari dolomitici di William Douglas Freshfield, e rapportando i suoi nostalgici e straordinari scritti ai giorni nostri, stavo proprio pensando a quanto deprimente sia il punto in cui siamo giunti come umanità.
Sono l'unico a considerare tale antropomorfa costruzione uno scempio?Mandi
Allegato: terrazzapuntaroccamarmolada.jpg
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17-02-2018 20:45
askatasuna askatasuna
Beh, spero proprio di no.. ma ciò non vuol dire che il pensiero corrente si alzi indignato a lanciare i suoi strali, anzi... Proprio ieri ho guardato Peak-un mondo al limite, un documentario girato dal tirolese Hannes Lang. Immagini che dovrebbero umiliare ogni sentire e che si trasformano in un pugno allo stomaco, ricordando in tono minore (nel dolore come nella poesia dell'orrore) di Workingman's Death di Michael Glawogger. Ebbene, se in un mondo in cui l'acqua, seppursia un bene sempre più prezioso, viene sprecata o addirittura azzoppata e captata nella sua corsa per farla ritornar neve, privandola della sua danza gravitazionale e condendola chimicamente, di cosa ci si stupisce? Se per il divertimento di pochi -che su un ghiacciao DEVE partire qualche mese prima come il sior business richiede- si spendono per 24 ore di innevamento artificiale 500.000 euro (no, gli zeri sono giusti ed il punto non è una virgola) e si sbanca una montagna per creare bacini assetando la valle, come pretendiamo che esondi lo sdegno popolare per un semplice ascensore? D'altronde la direzione è questa.. Non è solo deprimente, è angosciante perchè ciò si somma a tutta una serie di segnali chiari e diffusi: dal "ti piace vincere facile" alla pretesa che ogni cosa possa essere un luna park fatica esente, dal fregarsene delle conseguenze di bisogni indotti e veniali al disinteresse/rifiuto verso ogni cosa atta a provocare movimenti sinaptici (ancor peggiori ed invisi della fatica fisica!). Segnali che vanno molto al di là dell'asfaltatura di una strada montana o di un'ascensore. Purtroppo le conseguenze di questo pensiero/vivere scellerato e superficiale si traducono in ogni riflesso dell'esistenza di ognuno e ognuna di noi, e peggio ancora con delle ricadute indelebili sull'esistente (ovviamente non in senso antropocentrico). Ma ormai sembra che tutto si trasformi in una corsa. Come quella dei bimbi giù per i rivali, iniziata per scherzo ma che poi finisce per acquistare sempre più velocità, finchè le zampe al posto di funger d'appoggio ed incapaci di arrestarsi, iniziano a mulinare, preannunciando la capriola. Ed anche chi vive in maniera diversa quei luoghi spesso, per vivere bene più che per soppravvivere, corre con loro adattandosi a richieste sempre più folli. Come diceva un film cult di qualche anno fa (la haine-l'odio), "il problema non è la caduta, ma l'atterraggio" e credo che esso non potrà che essere né evitabile, né indolore.

Detto ciò mi permetto pure di condividere la curiosità ed il piacere nella lettura degli stralci di Freshfield ripubblicati da Alpi Venete, anche se non ho gradito l'atteggiamento sessista e giudicante dell'alpinista inglese nei confronti delle valligiane, così come il fatto che il soddisfar l'amore per l'esplorazione ebbe inevitabilmente una connotazione classista. Di tante vie con cognomi illustri poche infatti hanno il nome del cacciatore o della valligiana che vi si inerpicò la prima volta. Sospinti da una curiosità o da una forza inspiegabile, che li portò a fare qualche centinaio di metri in più oltre la normale fatica della fienagione ad alta quota o dopo una battuta di caccia di sussistenza. I nomi di quelle vie hanno il sapore delle banconote. Con inciso il viso di persone eccezionali, di pionieri certo, ma saliti grazie a fantasmi invisibili e seppelliti dalle fatiche, fantasmi per cui la montagna fu semplicemente una quotidianità arcigna, una necessità crudele e poetica, una compagna carceriera con la tenerezza della primavera e l'intransigente asprezza dell'inverno.
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17-02-2018 23:40
luciano.regattin luciano.regattin
Lo scempio visibile nell'immagine è stato compiuto ormai 50 anni fa, l'ascensore (non visibile nell'immagine) è, se vogliamo, un accessorio che addirittura, forse, migliora esteticamente la bruttura della stazione di punta Rocca. Molto più preoccupante sarebbe la realizzazione del collegamento Arabba Porta Vescovo Fedaia Punta Rocca, fortemente voluto dal sindaco di Livinallongo e imprenditori della zona, e che per ora sembra essere scongiurato.
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