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Ferrata della Memoria - Gola del Vajont

02-09-2016 22:32
giacomino.venturini giacomino.venturini
Dopo la Tofana de Rozez e la Ceria Merlone era tra i miei obiettivi principali del 2016 questa particolare via ferrata. Come mia consuetudine prima d’affrontare un’uscita importante, cerco di raccogliere il massimo delle informazioni possibili su ciò che dovrò affrontare. Avvicinamento, dislivello, lunghezza del percorso, tracce GPS, tempi di percorrenza, ecc, ecc. Naturalmente l’argomento principale di valutazione sono i vari commenti sul percorso che si trovano in rete, chi dice facile, chi dice difficile, poi ce quello che scrive, scrive ma, alla fine non sai quale sia la reale difficoltà quindi, si parte per verificare personalmente come stanno le cose. Alle 7.30 di mercoledì 31 agosto siamo a Erto, una compatta nuvola bianca copre tutto il bacino e la diga del Vajont, decidiamo d’aspettare che il sole asciughi l’umidità caduta durante la notte. A Erto il bar vicino al laboratorio di Mauro Corona è già aperto, entriamo per un caffè, chiediamo informazioni sulle condizioni della ferrata alla simpatica signora del bar, tutto ok, ma alla fine ci dice “fate attenzione ragazzi, mio marito dice che è molto difficile!”. Finalmente il sole è uscito, partiamo in auto verso la diga, passiamo le due gallerie e poco dopo sul tornate a sinistra troviamo l’indicazione ferrata. Lasciata l’auto, ci prepariamo subito con imbrago e casco, muniti di torcia, affrontiamo la prima galleria lunga circa un centinaio di metri, molto buia (senza torcia non si vede assolutamente nulla) e a tratti bassa per noi spilungoni (fortunatamente il casco ci protegge da un paio di testate sulla roccia) all’uscita troviamo la prima cengia facile con cavo, poi la seconda galleria più corta. Si prosegue sempre su facile cengia attrezzata, l’esposizione però si fa già notare. Arriviamo finalmente al punto definito nelle varie relazioni impegnativo. Si sale per circa 5-6 metri su una scala a pioli poi si parte verticalmente con una leggera deviazione verso destra, esposizione massima, non troppi appigli, roccia sana ma a tratti un po’ liscia per cui ci si aiuta tirandosi sul cavo. Più avanti staffe varie permettono la progressione in sicurezza, con una mano il cavo l’altra sulla roccia si prosegue, ci fermiamo spesso per immortalare i passaggi più delicati, l’occhio ormai abituato alla grande esposizione scruta il verdissimo fiume Vajont che scorre sotto nella gola tra le grottesche e verticalissime pareti. Dopo questa prima sezione di percorso da non sottovalutare, troviamo un tratto più facile, poi, si alternano passaggi difficili e alcuni traversi su terra, facili ma sempre molto esposti. Ci troviamo ora sulla parete poco sopra i fori che danno luce alle gallerie della strada che dalla diga scende verso Longarone. Ancora alcuni impegnativi passaggi verticali però appigliati poi, una cengia terrosa gira a destra arrivando a una scala a pioli, si sale per circa cinque metri ed eccoci alla fine della ferrata. Sul cavo d’acciaio alla fine della ferrata una placca d’ottone anodizzato raffigura in rilievo il volto di Gesù, di fronte, su ciò che resta di un vecchio parapetto di legno guardando verso la diga è fissata una croce con Gesù. Ci fermiamo per una preghiera in memoria delle persone decedute. Ancora uno sguardo alla vicina diga e poi ripartiamo per un bellissimo sentiero tra i faggi verso il paese di Casso. Dopo circa venti minuti di salita sbucchiamo dietro il cimitero di Casso, il paese è silenzioso, solo il rumore dei nostri passi per le strette vie rompe il silenzio. Vogliamo nel nostro piccolo contribuire allo sviluppo del paese, sappiamo che una signora gestisce un ambiente molto particolare chiamato Mercatino, in cui ci si può fermare per uno spuntino a base di prodotti locali, o per l’acquisto di qualche lavoro artigianale, libri, e altro. Decidiamo per un buon tagliere di prodotti locali e polenta, ignoriamo volutamente il mangiare che avevamo portato con noi nello zaino. Mentre assaporiamo i deliziosi prodotti, chiacchieriamo piacevolmente con la signora e alcuni turisti occasionali anche loro attratti da questo particolare ambiente. Riprendiamo la via del ritorno per il Troi de Sant’Antoni che siamo arrivati in paese, al primo bivio, però giriamo a sinistra per il Troi de Moliesa verso la diga del Vajont. Ancora alcune foto al triste colosso di cemento, passiamo le due gallerie e appena fuori della seconda vicino al semaforo che alterna il senso di marcia dei veicoli, prendiamo sulla sinistra il sentiero che scende nel bosco e in pochi minuti ci riporta esattamente, dove abbiamo lasciato l’auto. Per concludere, direi, grande ferrata, panoramica, sempre molto esposta specialmente la parte iniziale, le cenge e i tratti terrosi a mio parere non rappresentano difficoltà se non per l’esposizione, alcuni passaggi non ricchi d’appigli, dove il cavo devia leggermente a destra, richiede l’uso corretto dei punti d’appoggio dei piedi e delle mani per evitare l’effetto rotazione del corpo, ferrata non adatta per persone con problemi seri di vertigini o deboli di forza nelle braccia, percorso da non intraprendere assolutamente in caso di pioggia o bagnato, uso scontato del casco protettivo, considerando il notevole uso di forza delle braccia indossare guanti per chi ha pelle delicata nelle mani. Ultima considerazione strettamente personale, è che mentre salivo, ho avuto fin dall’inizio una sensazione strana, mi sembrava che vicino a me ci fossero molte persone che mi stessero guardando ???? Sicuramente la mia mente condizionata dal luogo, rivedeva immagini e parole di quella triste notte del 9 ottobre 1963.
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