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Forcella di Grava Piana e Monte Pianina dalla Val Pentina
N. record trovati: 2
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27-08-2015 22:09
askatasuna askatasuna
Fruscii d’acqua e di erbe. M’incammino in un troi ben segnato ma che denota da subito la sua limitata frequentazione. Una volta nel bosco, mi blocco davanti alla prima pioggia di foglioline verdi che si son posate al suolo. Il vento senza dubbio, ma sa quasi di commiato estivo. Vorrei rimetterle al loro posto. Una ad una. Su. A far compagnia alle sorelle. Finalmente resto solo con il mio respiro. Purtoppo s’esce quasi subito da quell’abbraccio. Il troi si fa via via più sassoso. D’altronde, coincide con lo sfogatoio dei muri che m’aspettano. Risalgo il primo rivolo godendomi le ascese vaporose alle mie spalle. A tratti i cinguettii si fermano. Il silenzio non è assenza di rumori ma melodia ancor più profonda. Sussurrio infinito che contiene ogni dialogo necessario. Flebile battito del tutto che ci circonda. Le labbra si trasformano in palpebre. Poi… la violenza! Che si fa guerra. Tutto viene reciso dal taglio netto delle pale di un elicottero Apache. E non trafigge solo me. Rasenta un pulpito sulla mia destra, ad un centinaio di metri di distanza. Una lastra enorme, forse in bilico da sempre, cede alla prepotenza. La vedo precipitare e sgretolarsi, i suoi frammenti sciamano impazziti in ogni direzione! Dall’altre parte del catino, in alto, un branco di camosci fugge terrorizzato. Uno di loro si getta lungo l’impluvio. L’osservo mentre fende l’aria, tuffandosi a valle. Diritto verso di me. Una valanga terrorizzata! Rimango inebetito. Non mi ha visto. Non mi sposto. Sono parte della sua paura, la mia non ha fatto in tempo a materializzarsi. Si ferma solo ad una decina di metri. Non dimenticherò facilmente quegli occhi sbarrati, intrisi di panico. Ma io sono solo un ostacolo, quegli occhi sono ancora bombardati dal boato. Pochi istanti e continua di lato la sua fuga. Continuo a salire fino alla dimora dei grandi massi. Lì abbandono il troi. Il Pianina pare verticale ma gentile e mi inerpico tra ripide pale erbose e roccette sbucando poco distante dalla vetta. Nel frattempo ancora altri uccelli metallici, di ogni dimensione, sfregiano il cielo. Le nuvole coprono tutte le picche per la vergogna. Lasciano libere solo la dorsale di Cima Manera e il versante de i Muri, contornato da vaporosità che ne accentuano la selvatichezza, facendo apparire la cresta un unico, enorme vulcano. Lontana, un’ombra solitaria, s’incammina sulla cima che precede il Sestier, ricordandomi la meta a cui speravo di giungere. M’affaccio sulla prosecusione dell’alta via. Scende ripidissima e friabile per poi trasformarsi in una lama seghettata. Sono stanco e inizio la danza del gambero. O voi a ciri gnot? O ndai di gjoldi dal Pianina e cuietami? Bon o voi.. Ma setu mat? Finalmente mi decido, è ora di riprendere in mano le redini del “cjaf” e addomesticare, ancora una volta, la paura del vuoto. Il pezzo più delicato è il primo tuffo. Poi tutto va meglio. Si cammina spesso su di una fune che ammette una zampa soltanto, ai lati solo l’aria. Dei passaggi stupendi in cui mi concentro sforzandomi di non perdermi nella marea di Stelle Alpine. Cjale dula che tu metis lis zatis! Une e daspò che âte! Finalmente in cima, me la voglio godere tutta sotto un sole che brucia! Ci provo, ma sono assalito da un insettario completo! Il ritorno è piacevole, so cosa mi aspetta e mi godo ogni fil di lama, stupendomi d’averlo già percorso all’andata. Ma è solo prospettiva. Un’ottantina di minuti per la deviazione fatta a passi lenti, oltre cento i metri da aggiungere alla conta. Le nuvole ora si fan bigie e fitte. Scendo a malincuore dal Pianina alla prima goccia. Taglio questa volta per la pietraia ricollegandomi al sentiero all’inizio del lungo traverso. Una grotta mima perfettamente la forma del padiglione auricolare. In discesa la fatica la senti tutta. Soprattutto in un troi come questo che non lascia scampo, nè appoggi stabili di sorta. Bisogna stringer denti e articolazioni. Ma come fare quando ancora, imperterriti, passano elicotteri su elicotteri, questa volta tagliando le chiome del monte Angelo. Convinti d’esser in Vietnam, o peggio ancora, a casa loro! Ma poi ritorna l’acqua, col suo vociare, la sua frescura, il suo non curarsi…panta rei…(26.08.2015)
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13-10-2013 18:14
michele michele
Percorso oggi. Sentiero ben segnato ma pochissimo battuto. Dopo la fascia dei mughi la traccia già prima esile si perde quasi completamente e bisogna seguire con attenzione i segnavia (numerosi e ben visibili comunque). Il lungo traverso va percoso con attenzione, soprattutto i passaggi sui grandi massi se in presenza di neve o ghiaccio (come stamattina presto). Visto il dislivello importante e il tipo di terreno solo per persone allenate e motivate! Questi lo troveranno senza dubbio appagante per il senso di solitudine e di selvaggio che l'ambiente trasmette.
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