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Elenco commenti

Anello del Monte Travnik dai Laghi di Fusine
N. record trovati: 9
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12-08-2021 00:00
daniele.russo daniele.russo
Percorso oggi, con partenza prestissimo dai laghi e "piccola" deviazione alla cima del Mangart (ma questo e' un commento per un'altra pagina... :)). I sentieri sono in ottimo stato e discretamente segnalati. Giunti alla forcella Mangart non c'e' un vero e proprio sentiero, ma si segue qualche debole traccia lungo la cresta del Travnik; bisogna fare attenzione all'esposizione e al gran numero di escrementi... Scesi da li', si segue fedelmente la recinzione sulla sua sinistra, per poi arrivare a una decisa svolta a valle che porta alla strada del Mangart. Le difficolta' dell'escursione iniziano qui: il sentiero che scende dalla forcella della Lavinia e' ripidissimo e scivoloso a causa del fondo di ghiaie e rocce detritiche. Inoltre in alcuni punti i segnavia si fanno radi ed e' facile perdere la traccia. Dopo la lunga e faticosa discesa, gli ultimi 5 km sono tranquilli.
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10-09-2018 20:29
cjargnel cjargnel
Anello effettuato oggi 10/09/18 così come da proposta di SN. Giornata meteo perfetta. Percorso ben segnalato e integro. Anche il canalone di discesa non lascia dubbi sulla via da seguire in quanto ricco di segnali e anche recenti. I due tratti attrezzati sono a posto. Resistono, ridotti ovviamente ai minimi termini, due piccoli nevai sotto la parete nord del Mangart, ma son lontani in ogni caso dall'interessare la via. Al Nogara un gregge se la spassa tra rocce ed erbetta. La vista tutt'intorno è ottima compatibilmente peraltro con la quota max. del Travnik che è "chiuso" verso E e SE dall'arco che parte dalle Ponze e si conclude col Mangart. Anello sempre interessante specie in questo periodo, a mio parere. Mandi e buine mont a duç.
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08-07-2018 15:56
enrico.68 enrico.68
Compiuto, l'intero anello, l'8/07/2018.
Sull'andata nulla da segnalare. Faticosa ma appagante. Il monte Travnik sembra una quisquilia a confronto con il vicino Mangart, ma l'emozione di trovarsi al cospetto di un tale gigante è comunque meritevole.
Come da guida, io ed un mio amico abbiamo optato per la chiusura dell'anello scendendo per la forcella Lavina. Che posso dire? Difficile discesa. Il percorso è in gran parte piuttosto faticoso e lo sfasciume del ghiaione richiede continua attenzione.
Inoltre, attenzione alle lingue di ghiaccio che arrivano quasi a valle e che intersecano il percorso.
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06-08-2015 17:00
arno.ribotis arno.ribotis
percorso il 05 agosto come da descrizione nessun problema da segnalare, anche lungo il canalone sentiero 516, utilizzato per il tientro ben segnalato.
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25-09-2014 16:11
marco.raibl marco.raibl
Umana demenza o tentato omicidio?Questo il quesito che ha accompagnato la mia discesa lungo la Valle della Lavina.La storia è un esempio di come la filosofia del 'No limits' abbia marcito i cervelli della gente.Poco prima della forcella di quota 2055,un ampio prato termina con uno sperone roccioso che domina la suddetta valle.E' un pulpito assai panoramico e martedì è stato scelto come luogo di riprese da una troupe inglese.Il committente,probabilmente,una società sportiva slovena.Molte persone stazionavano in zona.Sopra le teste dei presenti ronzava un drone.Il copione prevedeva che all'estremità dello sperone,rivolto verso il prato,stesse posizionato un tabellone da basket e,di fronte ad esso,una pedana elastica.Gli atleti della squadra protagonista prendevano la rincorsa sul prato e,dopo aver saltato sulla pedana,schiacciavano la palla nel canestro.A 5 metri dal precipizio e senza protezioni di sorta.A parte qualche considerazione,condivisa con un presente,niente di così grave.Io sono per il libero arbitrio e la vita ognuno la gestisce a modo suo.Quando,però,ho iniziato a scendere,ho aspettato che mi vedessero,così che potessero valutare ogni futura loro azione.Circa cinque minuti dopo,uno strano rumore,delle urla e il rimbombo di un sasso in caduta libera,mi hanno avvertito dell'arrivo di un pallone da basket che,per fortuna,si schiantava,rimbalzando,circa centro metri più a valle.Da parte mia ovvie maledizioni e richieste di rispetto delle regole della montagna.Cinque minuti dopo stesso copione,con l'aggravante che mi trovavo proprio sulla perpendicolare con il canestro.La palla è atterrata a non più di 5 metri da me,mentre cercavo invano un riparo.Il canalone ha rifranto le mie urla assassine fino a che tre figure son sbucate sull'orlo del precipizio.Ho minacciato di chiamare la polizia e da quel momento in poi ho accelerato la discesa.Non è successo più nulla,ma ho pensato a quanti palloni,quel giorno,hanno raggiunto valle,a perenne ricordo di un film di basso livello educativo e di alto tasso di pericolosità.L'escursione è stata bellissima.Il tempo ha concesso visioni di catene lontane e quelle intorno erano nitidissime.Limitata al massimo la sudorazione.In quota,sopra il bivacco Nogara,il terreno,alle 11,era leggermente gelato.Un po'di attenzione nella parte precedente le attrezzature,in quanto erano presenti detriti e fanghiglia.Quattro giovani sloveni hanno salito la ferrata partendo,come me,dal lago.Martedì,mio malgrado,sono stato protagonista dell'inizio di una nuova era.D'ora in poi,non solo gli eventi naturali,i piedi degli escursionisti o gli zoccoli degli ungulati dovremo temere,ma anche le trasferte delle squadre di basket sui pascoli alpini.Sperando che altri non li seguano.Ciao a tutti
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07-08-2014 22:35
askatasuna askatasuna
I boschi intorno all’alpe Tamer sono bovinamente popolati. Presenza discreta, dona alla foresta un’atmosfera inusuale. Nell’ultima radura pascolano dei cavalli, altra carezza mattutina prima della salitella senza respiro. Saliamo per un bosco che lascia passare il suo respiro. Ad un tratto, ci abbandona, affidandoci ad una selva di Aconiti. A nord, il scintillio del lago, verso sud, il cielo si trasforma in pietra. Oltrepassiamo i resti di una lavina enorme ma il troi regge fino a quota 1700, poi abdica. Bisogna tenersi sulla destra al successivo strappo, da risalire a piacere evitando la terra umida e senza presa, soprattutto dopo il canalino con cavo, viscido per l’umidità. La schiena del Nogara non ha retto il peso dell’inverno, un tirante s’è spezzato e la nuova inclinazione non fa chiudere la porta. Invece di proseguire per il troi deviamo dietro al bivacco, curiosandone i gioielli. Raramente ho visto un assembramento di meraviglie minerali così ingente. Ogni pietra sembra un’opera d’arte. Incise, rigate, altre son sassi con dentro sassi con dentro sassi. Altre ancora, paiono impastate con il legno o con altri materiali. Ogni lato rappresenta un mondo a sé, come fossero frammenti di mondi differenti. L’occhio ormai non s’alza da terra e non sa più in che direzione spalancarsi. Un tesoro che meriterebbe lunga sosta, a rigirar millenni tra le mani, a stupirsi d’ogni unicità che s’è staccata da madre montagna. Più in alto il troi si sistema e appare il secondo lago emanando scintille di luce. La stretta cima del Travnik riporta gli occhi a divorare l’orizzonte. Ci stipiamo su di risicata e strapiombante striscia d’erba per ripararci dal vento gelido. Restiamo a lungo a inebetirci davanti alla successione di cime che stringon strette le valli. Dall’alto la via del ritorno pare un trampolino di ghiaia che fa sognare tuffi entusiasti ma che si rivela avaro di corse sprofondanti. La lentezza dei passi è ricambiata da continue soste, in cui ci lasciamo soggiogare dalle impressionanti pareti che ci impongono la via. Dei tratti paiono spatolati di spuma rossastra. Poi le cascate, che precipitano vaporose nel vuoto. Prima di rientrare nel bosco due sorprese. Una Dentaria (ancora tu? Ma…) e delle Pirolette a foglie rotonde. Le mie prime spighe di neve. Candide, nascondono una lingua d’un rosa intenso. Il troi, scendendo, è stato inghiottito da un’enorme colata di ghiaia che ha mutato i paesaggi e disorientato gli alberi. Il lavoro dei tracciatori è stato mirabile. Bandierine nuove di pacca ci accompagnano indicando la via. Il finale lo attendevo con ansia. Il prato dell’Alpe del Lago. Percorrerlo fiorito mi ha stravolto i sensi. Oggi sembrerebbe desolato. Ma l’emozione non cambia. Il vento accarezza il viso e le braccia, facendo volare leggeri i pensieri, il cuore mette le ali e l’inclinazione costante di quel tappeto che sembra piano, fa si che i passi si trasformino in impercettibili cadute, morbide, inaspettate, che trascinano il corpo ormai perso, come un “io” inesistente, sciolto nella gravità del tutto. Mi rigiro per sentire il calore di un abbraccio di cime che giunge fisicamente, a stringere, delicatamente, ogni parte di me. Itinerario splendido che dispensa una varietà d’emozioni difficili da trattenere. A livello tecnico, per lo sconvolgimento del troi e l’incedere malagevole, aggiungerei almeno una e minuscola alla sua valutazione. (06.08.2014)
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23-07-2014 08:05
MauroGo MauroGo
Fatto ieri tutto l'anello, in una giornata sicuramente non ideale (panorama zero dalla cima del Travnik, completamente immersa nella foschia). Prima del canalino attrezzato bisogna attraversare i resti di una slavina completamente ricoperta di terra, per il resto non ci sono cose particolari da segnalare se non il grosso nevaio che ancora persiste nella parte bassa del canalone sotto forcella della Slavina e che si attraversa con un po' d'attenzione senza bisogno dei ramponi. Assolutamente sconsigliato fare l'anello in senso contrario a quello indicato da SN, la salita del canalone sotto forc. della Slavina deve essere veramente da "espiazione dei peccati"! Mauro.
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09-11-2013 11:28
alessandro alessandro
Davvero un bel giro, senza difficoltà. Una volta raggiunta forcella Mangart, bisogna scendere verso la strada che serve il rifugio sloveno e costeggiarla per circa 200 m circa, finchè si giunge allo slargo che fa da parcheggio. Ancora due passi e si trovano sulla destra i cartelli che indicano il sentiero per i laghi e il rif. Zacchi. Come dice Loredana nel commento precedente, la vista della discesa non fa impazzire e - aggiungo io - la strettissima forcella della Lavina non "fa morale". Si tratta, però, solo di scendere senza fretta, dato che pericoli seri non ce ne sono, l'esposizione è del tutto assente e il sentiero è ben segnalato. Insomma, con un po' di pazienza ci si diverte anche in discesa.
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31-08-2012 15:28
loredana.bergagna loredana.bergagna
Bell’anello anche questo, percorso ieri, in una soleggiata, e calda al punto giusto, giornata di fine agosto. Parto con un velo di bruma sospesa sulla verde Alpe di Tamer, il bianco Mangart abbaglia illuminato dal sole, poi svolte nel bosco, tornantini che mi fanno guadagnar quota senza parere. All’uscita genziane sfrangiate e carline, qualche tratto di sentiero eroso, zolle e roccette fino ad arrivare alla base del Travnik e dell’imponente Mangart, sottile ghiaione e un piccolo nevaio. Lì sembra tutto scomparire, sentiero e segnavia, è necessario proseguire ancora un po’, avvicinarsi ad una cascatella e nell’opposta direzione si innalza una rampa (alquanto scivolosa se bagnata), un piccolo passaggio esposto e bagnato pure quello e poi si ritrova più a monte il segnavia. Al canalino con cavo stanno scendendo cinque ragazzi-e che hanno pernottato al Nogara, noto un abbigliamento a dir poco disinvolto, in tre calzano semplici scarpe di tela; oltre quell’imbuto subito dopo supero una cengetta attrezzata con una grossa catena. Il percorso sale a svolte fino a raggiungere il bivacco Nogara, immediatamente prima c’è una sorgente, dal bivacco proseguo a dx seguendo la direzione dei bolli rossi e dei segnavia perfettamente visibili, emerge una terra rossastra, in alto si scorgono paletti bistorti e vecchio filo di recinzione: è forcella Mangart, luogo di confine e importante punto d’incontro a giudicare dal numero di persone che salgono. Alla mia dx si innalza la piccola cima del Travnik, che non salgo per buttarmi subito nell’avventura canalone della Lavina che visto dall’alto un certo effetto lo fa, da lì, 1100 metri più sotto, si vede il lago Superiore, punto di arrivo. Con tanta calma, sasso dopo sasso, scendo, zona particolarmente esposta a franamenti, mi sorpassa una coppia, scendono lesti i due fra fragore di sassi rotolanti, tutto il canalone è perfettamente segnalato con bollini rossi, segnavia, frecce ed ometti, un ottimo e non semplice lavoro. Finalmente le prime zolle verdi, il sentiero si sposta continuamente fra dx e sx e poi, fra cespugli ed erba, diventa più evidente, è un sentiero rubato ai brughi e ai rododendri. Quando mi inoltro nuovamente e finalmente nel bosco (per oggi basta sole e sassi) i passi sono attutiti dagli aghi dei pini, gran lavorio di motoseghe per rendere nuovamente pascoliva questa zona, l’Alpe del Lago risuona di mille campanacci.
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