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Monte del Ferro (Sappada) |
03-01-2016 19:33 |
askatasuna |
Meta quasi ignorata dagli alloctoni, selvatica ed isolata, regala viste stupende e sazia palati solitari e salvadis. Una scelta casuale che condivido con una relazione che nella sua parte "pragmatica" non può che esser accennata (in questo caso corredata da poche e pessime foto della fotocamera di riserva). Borderline, nella prima parte risulta intuitiva per chi ha bisogno di poche certezze per orientarsi, nella seconda è sufficientemente guidata da radi bolli rossi. Per il ritorno è consigliabile raccordarsi al troi 141 che scende dai Laghi d'Olbe.(19.11.2015) |
Allegato: La cumbre.JPG |
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03-01-2016 19:34 |
askatasuna |
Dislivello: 1100 mt circa Difficoltà: EE Cartografia: Mappa 01 Sappada, Tabacco, 1:25.000 Durata: 6 ore circa
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Allegato: Il Rinaldo.JPG |
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03-01-2016 19:34 |
askatasuna |
LATO A (pragmatic side)
Si parcheggia poco sotto le case Plotta (1287m). Da qui basta seguire le indicazioni che per carrareccia o prati portano al rifugio monte Ferro (1563m). Finalmente il cammino si restringe e ci si addentra nel bosco. Al secondo cartello metallico che indica la via per i laghi s'ha da decidere come raggiungere i terrazzamenti che daran inizio alla salita vera e propria. E' bene segnalare come il percorso tratteggiato in rosso dalla Tabacco che parte da Oschtans (1787m) in realtà è un'esile traccia non segnalata. Consigliabile all'andata, vista la sua ripidezza, non presenta grosse difficoltà di orientamento. La traccia è nascosta dietro gli alberi che fan compagnia al cartello ed in breve inizia ad impennarsi sul costone rendendo inequivocabile la direzione da prendere.
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Allegato: Dorsale erbosa dopo il bosco.JPG |
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03-01-2016 19:35 |
askatasuna |
Cento metri più su, si passa accanto ad una piccola, splendida capanna ristrutturata. Poi ancora una costruzione marcescente. Usciti dal bosco è il momento di spostarsi sulla destra per aggirare un terrazzamento e giungere alla fiumana erbosa successiva. Da qui si può intravedere il 141 che sale verso i laghi e scende per il costone parallelo, poco più a nord di quello appena risalito. In alto invece un masso invita ad aguzzar la vista per trovare il primo bollo che indica la via. In breve si raggiunge un orlo erboso da cui si manifesta la successiva traversata detritica in leggera discesa. Pare sottile ma risulta comoda e sicura. |
Allegato: Il traverso a quota 2100.JPG |
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03-01-2016 19:35 |
askatasuna |
Poi, come se fino ad ora si fosse camminato in piano, la traccia si fa erta. Seguendo i bolli sempre più presenti ma discreti, si risalgono due valloncelli erbosi, verticali ma ben terrazzati, giungendo alla spalla poco sotto quota 2300. Qui la musica cambia. Si passa direttamente sulla cresta o, nel mio caso scendendo di pochi metri su dei verdi piuttosto esposti, rimontando in seguito un canalino. |
Allegato: Ripidi verdi I.JPG |
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03-01-2016 19:36 |
askatasuna |
Di nuovo sulla schiena del monte, in breve s'è costretti a cambiare versante, scendendo pochi metri ma piuttosto esposti. Per fortuna qui la roccia è ancora buona, ma poco oltre si nota subito che sarà tutto un calcar si briciole e un saggiar d'appoggi. Le difficoltà tecniche sono tutte sempre sotto il II grado, l'unica insidia è rappresentata dal pietrisco e dalla friabilità della roccia, soprattutto in corrispondenza dei canalini da superare. Forse per la salita sarebbe stato meglio bypassarli per le paretine. Il ritorno segue lo stesso copione dell'andata fino al primo masso bollinato. Da qui mirare al corridoio coniferoso sulla sinistra, in cui è incastonato il troi 141 che evita le erbose ripidezze dell'andata. |
Allegato: Tra due mari.JPG |
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03-01-2016 19:37 |
askatasuna |
LATO B (emotional side)
Trasformo il letto in un mini-mappamondo, aprendo di volta in volta la finestra su diverse zone montane. Cerco un compromesso, almeno in dislivello, per accondiscendere all'amica di monte, ma l'ultimo giorno d'estate si rivela troppo ghiotto per non dissetare la bramosia d'esplorazione! Capita così di incontrare il monte del Ferro. Come scoprirò poi, viene considerata dagli abitanti di Plodn come la cima di casa.
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Allegato: Lastroni e Coglians.JPG |
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03-01-2016 19:37 |
askatasuna |
Mi erudisco sull'itinerario attraverso il sacro testo delle Carniche di Gaberscik (biblico volume sia per contenuti che per formato). Pare tutto fattibile anche per la compagna di passeggiata. Ma si sa, le parole a volte veston gli abiti che desideriam vedere indossati e l'interpretazione si fa sartoriale. Da subito ci si scalda grazie alla pendenza della carrareccia. Al rifugio c'è aria di operosità. Più in alto fioriscono le prime Eriche. Il sole, che dalla val Pesarina ci ha abbracciato, non ci lascia più. |
Allegato: La cima dal primo costone boscoso.JPG |
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03-01-2016 19:38 |
askatasuna |
Al secondo cartello che indica la direzione per i laghi d'Olbe mi metto ad fiutar la traccia. Esile, senza segnavia alcuno, ci porta ad incrociare il primo stavolo. O meglio una fiabesca alcova. Minuscola e curatissima. Esternamente tutta in legno, per coprire il poliuretano espanso che isola longitudinalmente i tronchi delle pareti, sono stati utilizzati gli stessi licheni che abitavano i fusti. Il troi s'impenna sempre di più, uscendo finalmente sui prati. Il prezzo da pagare è la sua evanescenza. Giunti sotto uno spuntone intuisco come esso sia da circumnavigare dal basso per poi continuare a risalire. Nel frattempo la gerla dei sensi di colpa, silente, inizia a riempirsi. Finalmente appare il primo, isolatissimo bollo che dà l'incipit alla parte alta del cammino. Saliamo una balconata per poi affacciarci su di un canalone detritico. |
Allegato: Spallone con vista.JPG |
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03-01-2016 19:38 |
askatasuna |
A dispetto delle apparenze il traverso non è nè delicato, nè troppo eroso ed in pochi minuti siamo sotto la cresta. Per raggiungerla s'han da risalire due valloncini erbosi, particolarmente ripidi. Due strappi che alimentano le paure dell'amica. La gerla si fa più pesante. Allora rallento, iniziando il training psicologico anticipato in vista della discesa. Più saliamo, più le rocce, votate alla stravaganza, si dannano l'anima per assumere forme una più curiosa dell'altra. Chi s'aguzza come il proprio carattere, chi, più fragile, s'è lasciata scavar dagli elementi. Fino alla creativa. Che come chapeau ha scelto un ometto in bilico che pare dondolare ad ogni soffio di vento. Dietro, inizia a stendersi l'agognato mare di nubi. Poi ancora una grande roccia s'impadronisce della mia immaginazione. Non ci sono storie. E' un'iguana. L'accennata cresta dorsale, gli occhi e la giogaia son di un arancione acceso. Para abbarbicata su di un masso a squadrar la cima del monte. |
Allegato: Iguana.JPG |
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03-01-2016 19:39 |
askatasuna |
Raggiunta la spalla poco sotto quota 2300, la compagna di viaggio abdica. Il successivo passaggio erboso, esposto ed in discesa che porta al canalino che da accesso alla cresta, la blocca. Ma col sorriso. Per ora l'esito della battaglia pende a suo favore. I timori si son ritirati in attesa del prossimo assalto. La cima con la croce si intravede di già. Par un attimo raggiungerla e l'amica mi lascia corda lunga. Partito. Il passaggio esposto sul versante nord funge da mio contrappasso. Il cielo s'annuvola. La parete s'ingrigisce. L'aria si fa pungente. Dietro di me le crode del monte Rinaldo. Semplicemente impressionanti per la loro verticalità. Il terreno si fa decisamente friabile e spesso la roccia ti rimane in mano. Eccomi, sul terreno da me più avversato. |
Allegato: Irons Crest.JPG |
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03-01-2016 19:39 |
askatasuna |
Alla vista dei successivi canalini iniziano a farsi strada i demoni del dubbio. Presenze che s'han da rifuggire appena li s'intravede da lontano, voltar i tacchi e scender prima che incomincino a farfugliarti. Per altri questo tratto si rivela una spensierata traversata in cresta ma ora fa emergere le mie paure ed i miei limiti. Alla fine zittisco tutti e tutto e continuo più concentrato. Sono in vetta. Ci ho messo molto di più di quello che m'aspettavo ed in pochi minuti inspiro ogni dettaglio. Dalla Terza Grande alle Crode dei Longerin, passando per Antelao e la muraglia delle Marmarole. Ma è a levante che si compie la magia. Il Crostis è un atollo lambito dalle vaporosità. Il Coglians svetta su tutto e, lontane, le Giulie si metton tutte sull'attenti. |
Allegato: Hacia el oeste - sulla destra le Crode dei Longerin.JPG |
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03-01-2016 19:40 |
askatasuna |
Pochi sguardi e son già di ritorno. Se l'andata era stata tormentata, il ritorno viene reso docile e veloce dalla mente sgombra. Quando cambio versante mi stupisco d'esser già in quel punto. Quasi non lo accetto. Ma farlo mi si rivela indispensabile. E' l'ennesimo simposio interiore sulla teoria della relatività. Non quella einsteiniana. Ma quella che ognuno formula per sè. |
Allegato: Crete Forade e Siera.JPG |
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03-01-2016 19:41 |
askatasuna |
A seconda della giornata o d'altri fattori, degli itinerari moderatamente impegnativi posson assumere diverse fattezze e generare altrettante emozioni. Non dipende dal cammino in sè, ma da come ci relazioniamo a lui e con noi stessi. Quella breve crestolina ha avuto due facce. Opposte. Della mia stessa medaglia. Ha evidenziato le zavorre mentali che dovevo lasciare a casa, le preoccupazioni per la compagna di viaggio ed altro ancora. Ma il ritorno, con la mente a fissar solo la roccia, è stato leggero e fulmineo. Alla spalla ritrovo l'amica, infreddolita dal ritorno che la preoccupa. Io sono pronto ad addomesticare con le parole tutti i suoi timori. |
Allegato: Ripidi verdi II.JPG |
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03-01-2016 19:41 |
askatasuna |
Scendiamo piano e dopo il traverso detritico ci si ferma sull'orlo. Lei ha vinto la sua battaglia, alzando di una tacca l'asticella. Io mi sono ricordato che la mia di asticella è sempre lì. Va guardata dritta negli occhi, se s'abbassa lo sguardo non potrà che sembrar più alta. |
Allegato: Rinaldinho.JPG |
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