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Bohinj III : Planine Vogar, Pri Jezeru e Blato (13.02.2015)

16-02-2015 18:45
askatasuna askatasuna
Terzo atto. Un vagar tra boschi e improvvise, magiche conche che ospitano gioielli rilucidati o incredibili testimonianze di un’architettura che si fa arcaica e sapiente. Veri monumenti alla memoria. Le planine visitate sono tre angoli speciali ed evocativi, soprattutto le ultime due. Il rincorrerle tutte richiede uno sforzo fisico non indifferente in periodo invernale ma la stagione premia ampiamente lo sforzo. L’itinerario è comunque modulabile e si può limitare a planina Vogar (almeno due ore e mezza con salita ripida) oppure proseguire fino alla Pri Jezeru ritornando poi sui propri passi (cinque orette circa) ed infine scegliere esclusivamente la visita a planina Blato per la (s)comoda strada battuta (quattro ore circa).
Allegato: Ocjo cal va.JPG
Bohinj III : Planine Vogar, Pri Jezeru e Blato (13.02.2015)
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16-02-2015 18:47
askatasuna askatasuna
Difficoltà: EE
Dislivello in salita: 900 mt
Durata: 6 ore (compresa la visita di planina Blato)
Cartografia: Mappa Bohinj, Sidarta, 1:25.000
Allegato: Aghi.JPG
Difficoltà: EE<br />Dislivello in salita:  900 mt <br />Durata: 6 ore (compresa la visita di planina Blato)<br />Cartografia: Mappa Bohinj, Sidarta, 1:25.000<br />
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16-02-2015 18:48
askatasuna askatasuna
LATO A (pragmatic side)

Parcheggiata l’auto a Stara Fužina ove possibile, ci si dirige verso l’Hudičev Most salendo per la carrareccia fino ad incontrare la strada che sale dal paese e si dirige verso la val Voje. Accanto ad un crocifisso sono ben visibili le frecce rosse che indicano l’inizio della risalita verso il bosco, sulla sinistra. Essendo planina Vogar una meta molto frequentata, soprattutto dagli autoctoni, è probabile che troviate come è successo a me, un troi trasformato in pista da bob. Ripidino, in questo caso esso apprezza maggiormente l’utilizzo di ramponcini piuttosto delle ciaspe che fungerebbero solo da scomode propaggini. Al comparir dei primi casolari, poco prima di raggiungerli, si dovrebbero notare delle tracce che sviano dal troi principale verso sinistra, puntando al limite della balconata. Esse portano al punto di lancio per gli amanti delle ali artificiali, il che significa: panorama assicurato. Dalla valle si riconosce senza alcun dubbio tale luogo per la presenza di una costruzione verticale. Da sotto mi ero chiesto se fosse raggiungibile e se si trattasse di un’antenna o un monumento. La seconda opzione mi si è palesata davanti. Da qui la vista è splendida e abbraccia tutto lo stiracchiato monte Rudnica, il villaggio di Srednja Vas e parte del lago. E’ poi sufficiente seguir le tracce che continuano riportando al sentiero.
Allegato: Petrolea.JPG
LATO A (pragmatic side)<br /><br />Parcheggiata l’auto a Stara Fužina ove possibile, ci si dirige verso l’Hudičev Most salendo per la carrareccia fino ad incontrare la strada che sale dal paese e si dirige verso la val Voje. Accanto ad un crocifisso sono
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16-02-2015 18:49
askatasuna askatasuna
Se non si dovesse trovar il primo imbocco, poco dopo una freccia con scritto “Paragliding Start-Razgled” ci da una seconda occasione. Da qui in breve si raggiunge planina Vogar che ho trovato chiusa ma la cui apertura potrebbe essere limitata al fine settimana. Prima di proseguire anche qui è d’uopo una deviazione. In pochi minuti, seguendo un’altra freccia che indica Razgled (ossia panorama, belvedere), si giunge a degli stavoli ben curati e quindi al punto panoramico che abbraccia il lago, regalandoci dei nuovi scorci verso occidente. La visuale verso le creste dev’essere suggestiva e d’impatto, peccato che in quest’escursione tutto ciò che tende verso l’alto sia stato ingoiato da nebbie talmente fitte da intimorire gli spiriti vaporosi che accolgono il risveglio di Barcis. Ripreso il cammino, questa volta con le ciaspe indosso, dopo poco, tra altri stavoli, appaiono altre indicazioni. Lasciata la via a sinistra che in seguito si sdoppia verso il Viševnik e il Vodični, si continua sulla destra, sfiorando l’ennesimo ristoro goloso della Domačija Dolenc, ovviamente chiuso. Il troi incrocia altre due volte la carrareccia per poi partire per un lungo traverso disegnato ad arte nella ripida faggeta. Esile, presenta risicate scie di sciatori e sprofondate da record di scarponi altrui. I bolli non sono abbondanti ma di orme ce ne dovrebbero essere a bizzeffe e la sinuosità del sentiero è sempre abbastanza intuibile. L’incedere, in questo tratto, sebbene sia il meno comodo, si rivela senza dubbio come il più evocativo, un inno al silenzio, un’immersione sensoriale profonda che rallenta il passo.
Allegato: Crystal Tree.JPG
Se non si dovesse trovar il primo imbocco, poco dopo una freccia con scritto “Paragliding Start-Razgled” ci da una seconda occasione. Da qui in breve si raggiunge planina Vogar che ho trovato chiusa ma la cui apertura potrebbe essere limitata al fine sett
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16-02-2015 18:51
askatasuna askatasuna
Lasciate lungo il percorso alcune deviazioni sulla destra, compresa l’ultima che indica planina Blato. Ci si immette quindi sull’ultimo tratto raggiungendo in breve al rifugio, chiuso, certo, ma che dispone di una stanza invernale, minuscola ma invitante con almeno sei posti letto, materassi, coperte e cuscini (senza però possibilità di riscaldar l’ambiente con della legna). La cartellonistica ci mostra le tre possibili diramazioni da prendere per proseguire a nord o verso occidente ma per quanto invitanti s’ha da tornar sui propri passi. Tagliare i tornati per il bosco è ben più che divertente, è necessario solo porre attenzione a quota 1250 circa, alla freccia rossa che indica la via per le malghe di Blato. Si scende senza problemi lasciando sulla sinistra un altro bivio per planina Laz (ma anche via alternativa per raggiungere il rifugio appena salutato). Presso l’ultima curva è già possibile intravedere tra gli alberi, sulla sinistra, la meta successiva. Ho provato a tagliar per il bosco ma pareva scender troppo ripidamente e son ritornato sui miei passi. Raggiunta la strada, che nei mesi estivi porta al parcheggio, si punta a sinistra per raggiungere la radura che ospita gli stavoli. Una ventina le costruzioni, tutte, almeno esternamente, rispettose della tradizione. Una chicca da non perdere! Raggiunta nuovamente la strada non si può far altro che scendere lungamente a valle fino a ritrovarsi al crocefisso iniziale. Purtroppo quando essa raggiunge la diramazione che sale verso Vogar, si trasforma in pista battuta rendendo scomodo ed inutile il calzar le ciaspe. Ho provato a curiosar più volte nei tornanti per individuar la possibilità di tuffarmi nel bosco puntando a valle, ma a parte una breve deviazione, la morfologia del luogo non pareva dar adito al mio desiderio. Il consiglio è quindi, quello di proseguir con gli scarponi, godendo del bosco e delle pareti di roccia che si fan lampadari di cristallo.
Allegato: Tiffany.JPG
Lasciate lungo il percorso alcune deviazioni sulla destra, compresa l’ultima che indica planina Blato. Ci si immette quindi sull’ultimo tratto raggiungendo in breve al rifugio, chiuso, certo, ma che dispone di una stanza invernale, minuscola ma invitante
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16-02-2015 18:53
askatasuna askatasuna
Note a margine:

Itinerario privo di difficoltà tecniche, anche questo richiede però buone gambe per la sua lunghezza. L’entusiasmo e la meraviglia di percorrer questi luoghi può comunqe aiutare la produzione di endorfine utili a mitigar la fatica. La salita presenta tratti ripidi e ultrabattuti soprattutto fino a planina Vogar, che, se percorsi in discesa, necessitano almeno dei ramponicini per evitare scivolate e spaccate degne di un ballerino professionista. L’incedere non è mai dubbioso e l’itinerario è ben segnalato. Il lungo traverso nella faggeta ripaga la sua sottigliezza evidenziando il suo svolgersi. La discesa da planina Blato richiede circa un’ora e mezza. Tanto da sopportare su di una strada battuta alla perfezione che non lascia nemmeno un risicato spazio di neve fresca ai lati per scender soffici. Solo due alti muretti di neve dura. In ogni caso la visita alle malghe ripaga del lungo ritorno che affrontato con leggerezza si rivela buon dispensatore di serenità.
Allegato: Lobliquo.JPG
Note a margine:<br /><br />Itinerario privo di difficoltà tecniche, anche questo richiede però buone gambe per la sua lunghezza. L’entusiasmo e la meraviglia di percorrer questi luoghi può comunqe aiutare la produzione di endorfine utili a mitigar la fati
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16-02-2015 18:55
askatasuna askatasuna
LATO B (emotional side)

Oggi mi sento d’affermare come le sfumature di grigio non siano per niente cinquanta. E’ una questione di densità. Il cielo è una linea piatta di fuliggine, una sciarpa stinta tirata sull’orizzonte, una linea retta che fa apparire le foto come file corrotti, il riflesso opaco di ciò che si calpesta. Ma non intacca per nulla i sorrisi, li ridimensiona, affrontano tutto con stupore, tarandosi emozionalmente con l’ambiente circostante. Dal crocefisso risalgo un troi compatto e scivolante, ma non abbastanza per farmi sfoderare i denti di metallo. Tira bene ma non riesco a contenere il ritmo. L’inverno mi fa quest’effetto. Almeno in salita, ho sempre la sensazione d’esser fermo, d’avanzar lento, come se l’ansimar non bastasse a convincermi del contrario. Stagione in cui far gambe! Per caso noto un’indicazione che ormai m’è familiare e coincide con un punto di lancio per parapendii e con quel monumento che squadravo da sotto. Il panorama è impressionante. Non tanto per le vette di cui si riescon a scorgere solo i rivali più bassi, ma per il lago! Nero. Una pozza di petrolio senza alcun riflesso. Impressiona ancor più grazie all’esile contorno bianco che lo delimita. Manca solo una strega per mutar il volto della fiaba. L’unica altura di cui si può ammirar capo e coda è il Rudnica, che sfiora di pochissimo quel sipario calato a metà. Una suggestione particolare e affascinante che ha bisogno del suo tempo per metabolizzarsi emozionalmente.
Allegato: Rudnica.JPG
LATO B (emotional side)<br /><br />Oggi mi sento d’affermare come le sfumature di grigio non siano per niente cinquanta. E’ una questione di densità. Il cielo è una linea piatta di fuliggine, una sciarpa stinta tirata sull’orizzonte, una linea retta che f
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16-02-2015 18:56
askatasuna askatasuna
Alle prime case spunta lo striscione che pubblicizza la Domačija Dolenc. Prato verde, pecorelle al pascolo. Decisamente fosforescente per la giornata! In breve giungo al rifugio. Tutto tace. Immagino quanto sia popolato e popoloso nelle altre stagioni. Anche qui la solita freccia, allora via di corsa! Tra casette curate e qualche dipinto esposto, ritorno ad ammirare ancora un altro spicchio di quella pozzanghera d’inchiostro che nella sua parte più occidentale ora prende vita, rifrangendo il grigiore sulla sua superficie. Riprendo lesto la via, ancora lunga, ma senza perdermi nessuna costruzione. M’interrogo sul gusto estetico e di conservazione della personalità rurale e storica. Qui tutto è teso a mantenerla viva, a curare ogni minimo dettaglio, a donar un anima propria a quella che probabilmente era la dimora di nonni e bisnonni durante la monticatura. Decisamente la Slovenia vive la mont in un’altra forma. Molto più autentica, verace e genuina dei presepi austriaci o della desolazione di molte nostre vallate, che, se ancora vive, si son per la maggior parte donate al dio cemento.
Allegato: Spine.JPG
Alle prime case spunta lo striscione che pubblicizza la Domačija Dolenc. Prato verde, pecorelle al pascolo. Decisamente fosforescente per la giornata! In breve giungo al rifugio. Tutto tace. Immagino quanto sia popolato e popoloso nelle altre stagioni. An
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16-02-2015 18:58
askatasuna askatasuna
Dalla successiva radura s’entra in un mondo parallelo. Dopo il bivio mi si cristalizzano perfino gli occhi. Gli alberi si tingon gli aghi di ghiaccio e per non farli morir d’invidia ci pensa messer inverno a far indossar una nuova veste pure ai faggi. Che alberi stupendi! In ogni stagione mi stregano! Qui i rami sono spinosi come piante d’altre latitudini. Aghi minacciosi e bianchi, che cedono però alla prima leccata. Anche i rami più piccoli, che han tenuto con se le foglie ormai secche si cospargono d’aculei che puntan in ogni dove. Una meraviglia! Entro nel traverso, il cammino si fa stretto stretto. Diversi piedoni son sprofondati per centimetri e centimetri, pozzi su cui è necessario poggiar le ciaspe con cura. Poi ritorna ampio. Supero dei faggi che paiono luminescenti. Alcuni son maculati all’inverosimile come se dovessero partir come commando per una battuta nella giungla, disegnandosi addosso ogni sfumatura di verde o marrone, altri feddolosi, si son fatti ricoprir di peluria il tronco ma questi no. Una manciata di faggi parte su dritta con fusti d’un rossastro intenso, una delle tinte sicuramente più forti di queste giornate.
Allegato: Haya del desierto.JPG
Dalla successiva radura s’entra in un mondo parallelo. Dopo il bivio mi si cristalizzano perfino gli occhi. Gli alberi si tingon gli aghi di ghiaccio e per non farli morir d’invidia ci pensa messer inverno a far indossar una nuova veste pure ai faggi. Che
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16-02-2015 18:58
askatasuna askatasuna
Continuo a salire quando al primo tornante vedo scender un camoscio, affondante ma agile, scappa per il bosco. Mi sincero che le sue corna non siano d’oro. Lo Zlatorog pattuglierà il suo amato Bogatin, un po’ più in là. Ma qualcosa di speciale quell’ungulato ce l’aveva proprio, al tornante successivo esce il sole. Il sole? Non sono abituato, già la sola luce indiretta fa male agli occhi. Raggiungo la planina ormai inondata di luce. Curioso nella stanza invernale, quanto fan gola quei materassi spessi e quelle coperte! Sarà per un’altra volta. E’ tempo di godermi quei raggi che scaldan più del solito, quasi a voler risarcire la loro assenza. Mi distendo e ascolto il gocciolio delle neve che cola dal tetto. Dovrei restar con gli occhi aperti e mangiarmi questo spicchio di paradiso, ma quel calore inaspettato mi schiaccia sui tavolati, sciogliendo ogni tentativo di reazione.
Allegato: Llamas en la nieve.JPG
Continuo a salire quando al primo tornante vedo scender un camoscio, affondante ma agile, scappa per il bosco. Mi sincero che le sue corna non siano d’oro. Lo Zlatorog pattuglierà il suo amato Bogatin, un po’ più in là. Ma qualcosa di speciale quell’ungul
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16-02-2015 18:59
askatasuna askatasuna
Sulle panche un metro di neve, perfettamente sagomata. Paiono casse di legno bianco, si notano le linee perfette delle tavole tagliate, strato su strato. Riparto allegro, con una bramosia di neve che ancora non si placa. Taglio il troi, tenendolo d’ochio, per il bosco. Attorno a quota 1250 prendo il bivio per planina Blato. All’ultimo tornante, scorgo le casupole tra i faggi senza intuire ancora il magnifico cantuccio che m'aspetta. Nella discesa che porta al pianoro mi tuffo. Un rio da oltrepassare è un nero ricamo, pare scucito a causa del rigonfiamento del candido tessuto che lo sommerge. Nessuna impronte umana solca quella distesa di bianco, tante invece le tracce d’animali, giunte a riprendersi il proprio spazio, a curiosar il lavoro degli umani, ad approfittare delle strutture a palafitta per brucare il brucabile. Qui l’antropizzazione è pura pasticceria. Una ventina di piccoli stavoli sono dispersi in una terrina di panna montata. Tutte di legno, son state dipinte dalle stagioni. Gli infissi non son fatti di cioccolata e le pareti son di marzapane. Ognuna di quelle perle è da ammirare attentamente. Le sfumature, le forme peculiari e strane. Qualcuna è rialzata solo di poco, altre solo da un lato, altre ancora poggian su quattro zampe, pronte a spostarsi di qualche metro se si volge lo sguardo altrove. Diverse paiono portate lì da latri continenti. Qualcuna ha un profilo spento e triste, altre giocose e allegre. Quasi tutte offrono ghiaccioli saporiti a cui non resisto. Mi sincero che la neve non sia davvero dello zucchero a velo. E’ fredda. Buona.
Allegato: Hansel e Gretel.JPG
Sulle panche un metro di neve, perfettamente sagomata. Paiono casse di legno bianco, si notano le linee perfette delle tavole tagliate, strato su strato. Riparto allegro, con una bramosia di neve che ancora non si placa. Taglio il troi, tenendolo d’ochio,
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16-02-2015 19:01
askatasuna askatasuna
Vago di capanna in capanna senza un itinerario preciso. Attorno l’abbraccio della foresta cristallizzata è rafforzato da quello del grigiore, diventato labile, volto in dissolvenza. Un angolo che in questa stagione s’ha da visitare. Dedicando tempo e spospiri a quei gioielli accocolati da un’eternità. Riprendo a fatica il cammino, ma la stanchezza inizia a farsi sentire. Dopo poco la discesa s’immette nella strada che porta alle malghe di Vogar. Battutissima da auto e trattori spazzaneve. Addirittura meglio di alcune strade più a valle, tanto che ai bordi della larghissima pista le montagne di neve non lascian spazio per appoggiar le ciaspe. Tagliare non sembra possibile, allora scalzo le plasticose ciaspole e cambio ritmo. Scendendo una parete s’è trasformata in gioielleria, centinaia di zirconi inanellati che inevitabilmente finiranno per ingrossar la Suha che scorre più in basso e che si lascerà ammirar per qualche tratto. La rivedo ormai divenuta parte della Mostnica, da quel ponte sospeso sopra le viscere della valle che vociano ascoltando il loro eco.
Allegato: Staccionata.JPG
Vago di capanna in capanna senza un itinerario preciso. Attorno l’abbraccio della foresta cristallizzata è rafforzato da quello del grigiore, diventato labile, volto in dissolvenza. Un angolo che in questa stagione s’ha da visitare. Dedicando tempo e spos
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