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    Anello della forchia di Terrarossa da Stolvizza
    Alpi Giulie
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SentieriNatura
I percorsi di SentieriNaturaR23

Anello della forchia di Terrarossa da Stolvizza

Avvicinamento

Da Resiutta risalire la val Resia tralasciando le diramazioni per Borgo Povici e più avanti per San Giorgio, Sella Carnizza e Oseacco fino all’abitato di Stolvizza poi, dalle ultime case, imboccare la deviazione che porta alla frazione di Ladina lasciando l’auto dove termina la strada (m 573, piccolo parcheggio, cartello CAI).

Descrizione

Il segnavia CAI n.634 ci conduce quasi subito a scendere verso il greto del torrente Resia che si costeggia per un tratto. Rinforzi in legno e qualche scorrimano facilitano i tratti in cui il ruscellamento ha un poco rovinato la sede del sentiero. Dopo avere intersecato un rugo secondario, si arriva alla confluenza del rio Sart che si oltrepassa mediante una recente passerella. Giunti sull’altra sponda, ha inizio la lunghissima risalita che ci condurrà a sella Grubia attraverso tutti gli orizzonti vegetali della valle, dalla stentata pineta sul greto del Resia fino al mondo di pietra del Canin. Il sentiero, inizialmente gradonato, si inerpica rapidamente lungo un costone boscato trasformandosi dopo poco in comoda mulattiera. A piccole svolte, all’interno di un bosco misto ove prevalgono ancora gli elementi termofili quali pino nero, pino silvestre, orniello e carpino nero, si prende quota giungendo ad una piccola ancona votiva. Dopo avere risalito una valletta ombrosa, immersa nel bosco di faggio, il sentiero esce sulla bella radura prativa degli stavoli Colc (m 910), sorvegliati da un grande noce. Il luogo è solitario e lontano dalle piste che solcano la valle, ma ugualmente si è provveduto a ristrutturare diverse abitazioni. Si continua a monte delle case, rientrando quasi subito nel bosco e riprendendo il comodo andamento a tornanti. Poco dopo quota 1000, il sentiero prende a traversare sulla destra sfiorando la costa erbosa di Tanaromi a cui si può salire con brevissima deviazione (m 1078, stavoli). Proseguendo lungo il traverso si perviene al bivio con il segnavia CAI n.657 che scende a destra verso Coritis (cartello). Lo si tralascia e si continua a salire con una serie di tornanti nel bosco. Il sentiero sfrutta gli ultimi lembi di vegetazione arborea prima di entrare in una zona caratterizzata da pendii erbosi intersecati da fasce rocciose colonizzate dalla ginestra stellata. Voltandosi indietro si delinea ora in modo assai evidente la dorsale boscata lungo la quale siamo saliti con i due nuclei abitativi di cui si è detto. Raggiunto il costone del Tanasarto, il sentiero inizia a traversare sopra gli altissimi dirupi del rio Ronc, rasentando una parete rocciosa oltre la quale si delineano i versanti resiani del Canin e del Picco di Carnizza. Ha inizio così uno dei tratti più interessanti del percorso che ora ci porta a tagliare pressoché in quota tutto il versante meridionale del Picco di Grubia, regno incontrastato dei camosci. Il sentiero, particolarmente comodo e marcato, si addentra nel vallone del rio Ronc raggiungendo un ulteriore bivio nei pressi dei ruderi della casera Grubia (m 1420) che sorgeva addossata ad un grande masso. Un sentiero, recentemente risistemato a cura del Parco delle Prealpi Giulie (cartello), scende verso l’alveo del rio Ronc, risalendo poi a serpentine ben visibili lungo un aereo costone sull’altro versante. Il nostro itinerario invece riprende a salire in direzione della ben visibile sella Grubia, iniziando il tratto più faticoso della escursione. Con una infinita serie di tornantini, ci si innalza a monte dei ruderi su terreno erboso misto a roccette. A circa un terzo della salita si incontra una estesa fascia rocciosa che costringe il sentiero a compiere una marcata ansa sulla sinistra. Ancora una lunga serie di svolte e si guadagna anche la base di un torrione. Il sentiero infine si riporta sulla sinistra e con pendenza molto attenuata raggiunge la sella Grubia ed il vicino bivacco Marussich (m 2040), ottimamente attrezzato e mantenuto. Magnifica la visuale che si apre improvvisamente sul tormentato altopiano del Canin e sulle Giulie Occidentali.
Dalla sella ci si innesta sulla comoda mulattiera di guerra che giunge traversando dalla sella Bila Pec (segnavia CAI n.632). Si asseconda la dorsale orientale del Picco di Grubia iniziando poi a traversare con modestissima pendenza tutto il versante settentrionale del monte. Un punto franato richiede una brevissima deviazione ma nel frattempo abbiamo toccato il punto più alto della escursione a quota 2150 circa. La visuale sul lunare mondo che si stende sotto di noi si amplia verso il profilo del monte Sart che va a delimitare la forchia di Terrarossa a cui si giunge con brevissima discesa (m 2137). Dalla ampia insellatura, ora sul versante resiano, si prende a calare costeggiando una estesa conca carsica poi, man mano che si perde quota, il terreno si fa più erboso. Raggiunto il versante meridionale del monte Sart la comoda traccia cala per un breve tratto ad ampi tornanti, affacciandosi sulla dorsale del Picco di Mezzodì sulle cui ripidissime pendici si intuisce la prosecuzione del nostro segnavia. Ha inzio così il traverso che ci condurrà al rifugio Crasso, lungo una traccia generalmente ben marcata e mai realmente difficile. La presenza di alcuni restringimenti e l’esposizione di alcuni brevi tratti inducono comunque a prestare attenzione vista la marcata pendenza del pendio che stiamo attraversando. Un aereo spuntone ospita una vecchia croce di ferro ed il libro della Alta Via Resiana che termina poco dopo (targa nella roccia). Raggiunta anche sella Buia si lascia a destra il segnavia CAI n.633 che scende verso Pezzeit e con breve risalita ci si porta sul ripiano che ospita il ricovero Igor Crasso (m 1641, panoramico balcone sulla Val Resia), particolarmente confortevole e ben tenuto (11 posti letto, cucina, stufa e debole illuminazione fornita da pannelli solari). Dal rifugio si perde quota lungo il pendio erboso sottostante ignorando un primo bivio a destra. Più in basso il segnavia si sdoppia in corrispondenza di un grande faggio (ancona) dove lasciamo definitivamente il sentiero CAI n.632 che si dirige a destra verso il Pusti Gost mentre noi proseguiamo ancora in discesa nella valletta del rio Lommig, lungo il sentiero CAI n.643. Da questo punto risulta ben visibile anche un grande antro naturale situato alla base della fascia rocciosa sottostante il rifugio. Si continua a perdere quota comodamente ad ampie svolte in un rado bosco caratterizzato dalla presenza di numerosi tronchi scheletriti. Dopo che il sentiero ha assunto un andamento più lineare, si cala alla radura degli stavoli Lom oltre i quali ci si sposta sulla destra per assecondare l’andamento della valle. Raggiunta anche l’insellatura a nord del Tanarado, il sentiero passa sul versante del rio Laschi tagliando a mezzacosta una ripida pineta. L’ampia schiarita che ospita gli stavoli Tuurse offre la possibilità di dare un ultimo sguardo alla Val Resia ed alle pendici del monte Sart poi si rientra definitivamente nel bosco. Dapprima per sentiero ed in ultimo su stradicciola, si scende alle case di Ladina dove ha termine il lungo anello.

Avvertenze

L’indicazione EE per il grado di difficoltà di questa escursione è dovuto unicamente al rilevante dislivello da affrontare. La presenza di due validi punti di appoggio quali il bivacco Marussich e il ricovero Crasso offre comunque la interessante opportunità di suddividere l’escursione in due giorni pernottando in quota.

Questa descrizione e la relativa scheda di approfondimento sono disponibili nel volume I Sentieri della Rupe
Sentieri CAI
Escursione
Mese consigliato
Settembre
Carta Tabacco
027
Dislivello
1700
Lunghezza Km
18,7
Altitudine min
491
Altitudine max
2150
Tempi
Dati aggiornati al
2012
I vostri commenti
  • 18/10/2022 Percorso oggi, come da descrizione. Partenza un po' monotona, almeno fino alla salita alla Sella Grubia... Questa parte di percorso e' sempre molto affascinante e mi cattura. La sella si fa desiderare non poco, ma da qui in poi il percorso e' magnifico. Coppie di stambecchi mi guardano, da poco lontano. Il sentiero e' tranquillo, ma riserva una brutta sorpresa: poco prima della Forchia, si interrompe bruscamente in un baratro... Consiglio di aggirare l'ostacolo risalendo sulla sinistra. La vista dalla Forchia di Terrarossa e' fantastica (in realta' tutto il panorama fino a qui e' superlativo). Il sentiero prosegue piacevolmente in traverso, e i due punti franati, segnalati sul sito del CAI, in realta' non presentano problemi; certo il sentiero in generale e' esposto in diversi punti e richiede passo sicuro. Al bivacco Crasso, una solitaria escursionista mi saluta... Io riparto subito, non ci restano che quei mille metri di dislivello del vertical Kilometer per tornare a Stolvizza. Attenzione, il dislivello totale in salita in realta' e' di 1800 metri e spicci.
  • 19/01/2016 Ho proprio bisogno d’un regalo. D’esorcizzare un genetliaco alquanto scomodo. Così con Michele si parte per l’ultimo bivacco dell’anno. Quando il panorama s’apre e ci si inizia a perdere. Almeno fino al Crasso. Gioiello d’alta quota, coccola gli occhi coi colori del legno. Palco perfetto che mette in risalto la vivacissima stufa dai motivi floreali. Se non fosse per la maleducazione. Saran infatti due le borse d’immondizie che ci trascineremo dietro il giorno dopo. Ci rilassiamo tra un cocuzzolo e l’altro. Ecco, proprio l’altro, quello verso il Sart, si fa galeotto. I piedi nudi accarezzano l’erba, ma la mente è da un'altra parte. Gli occhi scorrono le verticalità del Picco di Mezzodì. Così vicine. Così risolute nel loro puntar al cielo. Finché cedo al loro richiamo. Convincere Michele è un attimo, convincere quelle pareti a lasciarci passare è tutta un’altra storia. Iniziamo a seguirne le anse per il troi, cercandone il punto debole. Presentandoci. Senza fretta. Si sa, la montagna è femmina ed esige un corteggiamento discreto. Spesso non si concede al primo ballo ma quel costone erboso con quelle due conifere striminzite pare invitarci a risalirlo, col garbo che necessita il primo approccio. A meno d’una ventina di metri dalla cresta sommitale ormai è chiaro che il canalone giusto era quello parallelo. Il terreno si fa sempre più verticale e scivoloso. Michele si ferma, io continuo fino ad una placca liscia con pochi appigli. Metto il naso oltre e capisco come per arrivare alla vetta ci vorrebbe ancora un po’. Ma o ci si presenta entrambi o la si lascia con un sorriso, dandole appuntamento al prossimo ballo. Il tramonto è alle porte e non è il caso di risalire per la piega più dolce di quella veste. Ritorno sorridente al bivacco. Intuendo come quest’approccio, per me, inizia a tradursi come “il là in mont”. Un corteggiamento ove ogni battuta d’arresto è una scusa per rivederla. Ove non c’è niente da conquistare, se non la libertà d’esser conquistati. Soli, dopo aver contato le stelle, non ci rimane che festeggiare. Innalzando calici e sorrisi, sognando l’alba. Poco dopo le cinque siam già in piedi, a rassettare, aspettando che l’acqua borbotti. Poi via, a svegliar i camosci mentre il sole ancora sonnecchia beato. Ci gustiamo il suo risveglio. La picca della Mariane si fa fiammella di candela, poi l’incendio si propaga. La diretta al Sart riattiva i metabolismi ed i tannini se ne van di corsa, aprendo i pori alle emozioni. Una volta in vetta diveniam prede del tutto. Ripresici dal panorama mozzafiato indico a Michele la macchiolina nera che ci ha ospitato un mesetto fa. La traversata in cresta non presenta neve, se non a chiazze. Uno stambecco adulto, dal palco impressionante quasi quanto la sua circonferenza, ci guarda distesi. Si mette in posa, fa le boccacce, cambia profilo. S’abbassa a tutto pur di convincerci ad andarcene senza farlo alzare, lasciandogli godere le prime ore del mattino. Dal Marussich pieghiamo verso valle, soffermandoci spesso su quelle pareti striate, ritoccate appena da un mascara bianco. Come alla partenza ci si ferma allo stesso bar. Come ieri incontriamo Giuliano Fiorini. Umbro. Cordiale come i resiani a cui s’è unito. Gente di valle ma che ci ha accolto con un sorriso ed un saluto, anche quando i nostri passi eran distanti. Un bondì che travalica le formalità, che forsit al testimonie la felicitât dal vivi intune oasi di fature e maraveis, niçiulade da lis crestis e dai boscs, incjantade dai cjants dal so riul.(29-30.12.2015)
  • 21/09/2015 Fatto sabato 12 e domenica 13 settembre in senso contrario con pernottamento al Crasso e traversata al Marussigh e rientro a Stolvizza. Bellissimo giro, peccato il clima umido che ci ha impedito di ammirare il panorama. Confermo la presenza della frana in prossimità della croce di via ma non crea alcun problema.Annalisa, Mauro e Toby
  • 13/09/2015 Ieri 12 sett. 2015 ho percorso il sent. 632 dal Gilberti fino al ricovero I.Crasso (e poi giù fino a Stolvizza). Come da commenti precedenti, lungo il comodo sentiero che percorre in quota sotto la cresta Indrinizza c'è un tratto franato in prossimita di una croce commemorativa. Si passa ma bisogna, a mio avviso, fare molta attenzione. Per il resto, la traversata è stata meravigliosa, passando dal mondo carsico, lunare, severo del Canin a quello verdissimo, ameno della Val Resia. Un'ultima nota: a sella Buia un cartello sbiadito dall'acqua e quindi poco leggibile avvisa che il sent. 633 che collega la sella a Pezzeit in Val Raccolana è dismesso (o comunque non più mantenuto perchè diventato troppo pericoloso).
  • 13/09/2015 Fatto domenica 12/09/2015 esattamente come descritto qui.Percorso stupendo e abbastanza faticoso, ma ne vale decisamente la pena!!Solamente un piccolo tratto franato tra Biv. Marussich e sella Buia, ma per il resto tutto ok.
  • 16/08/2014 Ho ripetuto il giro domenica 10 agosto, salendo da Stolvizza per il Crasso, percorrendo la via Resiana fino al Gilberti, e poi rientrando a Stolvizza per il 634. Da segnalare solo i numerosi nevai da attraversare tra Marussich e Gilberti, facili ma non banali, e l'abbondante vegetazione sempre presente, soprattutto nell'iniziale discesa dalla forca di Terra Rossa verso Stolvizza. L'intero giro è altamente raccomandabile ma molto lungo e selvaggio. In molti tratti inoltre la mezza costa attraversa verdi verticali, per cui seppure di facile percorrenza è da affrontare con le dovute calma e cautela. Confermo la presenza di un'interruzione dovuta a franamento tra il Crasso e la forca di Terra Rossa, che però non crea alcun problema.
  • 25/10/2012 Il 24 ottobre Ivo ed io abbiamo rifatto l'anello della forca di Terrarossa. Gli ultimissimi giorni di bel tempo hanno costituito l'ultima chiamata possibile per quest'anno per questa lunga escursione, una delle due escursioni dal dislivello maggiore nel nostro "catalogo" del presente sito.Si parte da Stolvizza al buio, ci sono 4 gradi, utilizziamo la torcia per scendere fino al greto e anche per un tratto della risalita. Poi finalmente il chiarore dell'alba che qui nella valle chiusa stenta ad arrivare. La luce diretta del sole però, fatta eccezione per alcuni brevi tratti (splendida l'alba sui faggi colorati) all'inizio del traverso del Tanasarto, ci arriva in pieno solo a metà della risalita verso sella Grubia, a dispetto dei nostri calcoli. In autunno il sole è basso e le pendici dei monti vicini evidentemente fanno il resto.Da segnalare: una nuova pista arriva agli stavoli Tanaromi, e poco dopo di essi, prima del bivio per la discesa a Coritis, si trova una sorgente (vasca in cemento).Nel silenzio assoluto di ottobre qualche sagoma di stambecco ci osserva dai profili delle creste. Anche alla sella Grubia non c'è anima viva. Il libro del bivacco Marussich mi rivela che una coppia alla fine di settembre sale da Nevea alle 19, arriva al Davanzo per pernottare, al bivacco ci sono due speleo, la coppia decide di continuare per il Marussich per stare sola (!) e dopo cenato, alle 23 parte nella notte a cercar notte. Nel mondo difficile del Canin la coppia perde l'orientamento e decide di pernottare all'aperto avvolta dalla stagnola. Le loro firme sul libro rivelano che sono sopravvissuti e che hanno vissuto l'esperienza in maniera positiva. Lungo la traversata sotto la cresta Indrinizza che ci porta verso il Crasso, una frana visibile già dal tratto in quota che la precede ha invaso per un breve tratto l'aereo sentiero poco prima della croce in ferro. Superabile con attenzione.Al ricovero Crasso come sempre è tutto in ordine, ci sono un paio di persone e un anziano cacciatore. Sono appena stati fatti lavori di manutenzione alla costruzione.La colata chiara della frana è ben visibile anche dal sentiero di discesa.Bel giro dal consistente dislivello che permette di visitare mille ambienti diversi senza perciò mai annoiare la vista. Magari le giornate durassero di più per farlo con calma.Imperdibile il caffè al bar di Resiutta.
  • 18/09/2012 Fatto domenica 16/09/2012 esattamente come descritto qui.Percorso stupendo e abbastanza faticoso, ma ne vale decisamente la pena!!Solamente un piccolo tratto franato tra Biv. Marussich e sella Buia, ma per il resto tutto ok.
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    18/06/2007 Cima di Terrarossa. In vetta alla Cima di Terrarossa. Sullo ...
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