Avvicinamento
Percorrendo la Strada Statale 13 in direzione Tarvisio, appena superata la galleria tra Santa Caterina e Cucco, imboccare a destra il bivio per la località Ombrico. Giunti sull’altra sponda del Fella, seguire a sinistra i cartelli indicanti il segnavia CAI 605 che prosegue su pista asfaltata. Oltrepassato il guado sul Rio Palug (problematico dopo forti piogge, eventualmente parcheggiare qui), si costeggia una recinzione per poi sterzare bruscamente a destra dirigendosi verso i piloni dell'autostrada sotto i quali si può lasciare l’auto (m 740 circa).
Descrizione
Si prosegue lungo la strada che in breve porta all'imbocco della valle del Rio Palug dove si trova un casolare. Tenendosi inizialmente su pista, si risale il fianco dello stretto solco dove fortunatamente il brusio del torrente sostituisce presto i rumori dell’autostrada. Quasi subito si guada il rio per continuare dalla parte opposta su una pista sconnessa che raggiunge un ulteriore stavolo (m 823). Al bivio successivo tenersi a sinistra e seguire con attenzione il segnavia, interessato, da qui in poi, da recenti lavori di esbosco. Raggiunto il tracciato di una pista più alta, la si segue salendo decisamente con una serie di svolte. Su quella che ormai è divenuta una mulattiera, si piega a sinistra per rimontare l’erta rampa che taglia un versante boscato molto inclinato. Si arriva così ad un vecchio casolare in legno che può offrire solo limitato riparo (al suo interno varie scritte e firme assai datate). Pochi metri oltre la baita è necessario attraversare un impluvio rovinato, mentre al successivo bivio ci si tiene a destra seguendo le indicazioni del CAI 605, visibili su un vecchio cartello metallico posto in alto. Si entra ora nel solco di una valletta immersa nel bosco di
faggio e
abete rosso che si risale con pendenza costante allontanandosi dal mormorio del torrente. Dopo essere saliti lungamente si esce improvvisamente su terreno più aperto per riattraversare il greto principale in un punto segnato da caratteristici affioramenti rossastri. Siamo quasi a 1300 m di quota e la boscaglia comincia ad arricchirsi di conifere. Si prosegue lungo il bordo del torrente seguendo un piccolo rigagnolo che attraversa un prato umido, ma dopo poco si rientra nel bosco per rimontare un’ulteriore macchia di
faggio. Progressivamente ci si porta su pendici ricoperte da pietrisco e completamente immerse nella mugheta dalla quale emergono solo piccoli esemplari di
larice e di
sorbo degli uccellatori. A piccole svolte si entra così gradatamente nel catino detritico che discende dalla forca di Cjanalot. Oltrepassato un largo canale ghiaioso che ha rovinato il sentiero, si traversa a destra per affacciarsi nuovamente sul solco principale, qui ingombro di grandi macigni. Lo zoccolo roccioso che ci si para davanti rappresenta l’ultima fatica prima dell'arrivo alla
forca di Cjanalot che si intuisce in alto sulla destra. Nel primo tratto attraversiamo una boscaglia disordinata muovendoci tra i
larici schiantati dalle slavine. Successivamente ci si accosta ad una fascia rocciosa alzandosi in diagonale verso sinistra tra le ultime fioriture di
parnassia e
campanula di Scheuchzer. Segue una lunga serie di svolte tra i
mughi e poi su terreno più aperto che ci porta finalmente a guadagnare la ampia
forca di Cjanalot (m 1830), sulle cui rocce si potrà scorgere ancora la
potentilla nitida. L'insellatura è disseminata da resti della Grande Guerra ad iniziare dalla galleria che si apre sulla sinistra. Il nostro itinerario invece prevede di tenere la destra per seguire il CAI 648 che proviene dalla
sella di Somdogna. Questo si inerpica tra i
mughi salendo a strette svolte lungo un tracciato malagevole che esce in breve sui prati sottostanti il
ricovero Bernardinis (m 1907). Dalla piccola costruzione si sale ancora fino ad un ripiano, ma senza proseguire per il villaggio di guerra che si trova poco dopo (meritevole comunque di una visita), si piega a sinistra lungo un sentierino contrassegnato da ometti. Su terreno detritico e friabile, ma non difficile, si perviene alla piccola e stretta
Cima Vildiver (m 2008, croce). E’ il più basso dei
Due Pizzi, ma offre una interessante visuale sul fratello maggiore e soprattutto sulla cengia artificiale che taglia la parete del Pizzo Orientale.
Per il rientro si utilizzerà il medesimo itinerario.